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Lo straordinario portafoglio di prodotti agroalimentari di alta qualità del nostro Paese potrebbe reggere qualunque sfida internazionale. Il problema in questo contesto è riuscire a tutelarli e proporli in modo adeguato sui mercati più dinamici, nuovi e lontani. Cosa fare? Come nello sport, bisognerebbe fare squadra, che tradotto in termini economici significa fare rete.
Nella distribuzione dell’agroalimentare italiano sui mercati internazionali, il canale più utilizzato oggi è la vendita tramite distributore estero (azienda import/export, grossista, rivenditore, casa commerciale o di distribuzione) che, in genere, acquista i prodotti, li stocca nei suoi magazzini, definisce il prezzo di vendita, e talvolta rivende i prodotti anche con il proprio marchio. Un sistema, questo, che lascia poco spazio, visibilità e potere decisionale a chi produce. Una strategia commerciale nuova potrebbe realizzarsi grazie alla rete, creando per esempio una piattaforma italiana per il nostro agroalimentare all’estero: nuove forme ultra-corte di distribuzione e nuove tecnologie a basso costo per raggiungere i clienti, sia privati (famiglie) che business (es. ristorazione) o la grande distribuzione. A seguire si potrebbe pensare alla creazione di queste piattaforme in varie zone-chiave del mondo per arrivare in tempi veloci ai consumatori dei Paesi di maggiore interesse: Est europeo (Russia e CSI, Romania, Ucraina), Turchia, Germania, Austria, Svizzera, Australia, Paesi Arabi, Brasile, Asia e Sud America.
Certo, non è un’impresa facile e ci sono parecchi altri ostacoli sulla strada dell’export agroalimentare. Si dovranno affrontare per esempio la conformità dei prodotti alle normative vigenti nel Paese di destinazione, le varie norme a tutela della sicurezza, dell’igiene e del diritto all’informazione alimentare delle diverse nazioni, le limitazioni (come nel caso delle carni o prodotti a base di carne), le autorizzazioni, le procedure doganali complesse, la presentazione di certificati di esportazione, sanitari e di analisi, oltre che l’etichettatura in base al mercato estero di riferimento. Tutti questi fattori, congiuntamente alle spesso elevate tariffe doganali d’ingresso, rendono difficile poter stanziare i relativi investimenti delle medie, piccole, e piccolissime aziende italiane nell’export, anche su Paesi dove la richiesta del prodotto di qualità Made in Italy è elevata. Ma anche in questo caso la rete potrebbe essere la strada maestra. Certo, è sempre consigliabile, in mancanza di una struttura interna specializzata, rivolgersi a un’agenzia che abbia esperienza e serietà, e offra a ogni tipo di azienda l’export chiavi in mano.