Skip to main content

di Stefano Angione

Nello scorso numero, parlando del patto di non concorrenza si è detto che può interessare qualsiasi attività. Il concetto molto ampio di qualsiasi attività, però, deve essere analizzato anche con i vincoli posti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale, affinché il patto non sia nullo, è necessario che il suo oggetto non sia talmente ampio da comprimere l’esplicazione della professionalità del lavoratore in limiti che ne compromettano ogni potenzialità reddituale, ovvero residui un margine di attività, non coperta dal vincolo, idonea ad assicurargli un guadagno adeguato alle sue esigenze personali e familiari. Sull’estensione territoriale del vincolo, sono ammesse limitazioni anche molto ampie, riferite, ad esempio, all’intero territorio nazionale, purché ciò non impedisca di fatto al lavoratore una qualsiasi attività lavorativa che gli consenta di utilizzare il proprio bagaglio professionale.
Quanto alla specifica remunerazione, nel silenzio della legge che non la quantifica, essa deve essere parametrata all’impegno del lavoratore a non svolgere attività in concorrenza al termine del rapporto di lavoro, dovendo pertanto essere congrua e proporzionata rispetto al sacrificio imposto. L’importante è che il compenso dovuto sia determinabile in base a parametri oggettivi ed evidenziato a parte, in quanto viene considerato illegittimo quel patto che ricomprende genericamente il corrispettivo nella retribuzione spettante al lavoratore, senza ulteriori specificazioni. Il corrispettivo può essere erogato in corso di rapporto, una tantum ovvero in rate periodiche, oppure (soluzione preferibile, non solo per la maggiore convenienza economica di cui infra) dopo la cessazione del rapporto di lavoro, sempre una tantum ovvero in rate.
Se si decide di anticipare il compenso in costanza di rapporto, questo inciderà sulla gestione operativa del cedolino paga e, soprattutto, sul costo del lavoro.
Infatti, l’importo erogato mensilmente in costanza di rapporto comporta il suo inserimento tra gli imponibili, con conseguente versamento della contribuzione previdenziale Inps lavoratore e datore di lavoro (e Inail per il datore di lavoro) e assoggettamento per il lavoratore a tassazione ordinaria. Inoltre, il riconoscimento dell’importo con continuità e costanza comporta l’incidenza sulla retribuzione indiretta e differita del lavoratore.
Per quanto riguarda il Tfr, l’ammontare del corrispettivo – sempre qualora erogato mensilmente – sarebbe da considerare ai fini della retribuzione utile per il calcolo del Tfr ai sensi dell’art. 2120 del codice civile. Viceversa, l’erogazione dal momento della cessazione del rapporto in avanti comporta che sia dovuta la sola contribuzione previdenziale Inps (lavoratore e datore di lavoro) e l’assoggettamento a tassazione separata per il lavoratore, senza alcuna altra incidenza a titolo di retribuzione indiretta, differita e Tfr.