di Stefania Cocorullo
Abbiamo parlato in passato di upskilling (aggiornamento delle competenze) e reskilling (riqualificazione), una vera e propria assicurazione sul futuro per imprese e lavoratori che vogliono essere protagonisti del cambiamento che la società post-Covid19 sta vivendo. Concetti che trovano ampio spazio d’attenzione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare nella Missione 5 quella dedicata alle politiche del lavoro, presentato dall’Italia alla Commissione europea come piano attuativo dell’uscita dalla crisi pandemica. Missione 5, che sarà concretizzata nel nostro Paese anche attraverso il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori, una riforma specifica con cui il Governo e Anpal mirano a migliorare la competitività economica nazionale, la tenuta sociale e sostenere lavoratori e produttività. La Missione 5 dettaglia un piano per le nuove competenze, il potenziamento dei Centri per l’impiego e il rafforzamento del sistema duale. Ed ecco che upskilling e reskilling tornano quindi in modo autorevole in cinque percorsi specifici pensati in funzione dell’occupabilità, per realizzare reinserimento lavorativo, aggiornamento, riqualificazione, lavoro e ricollocazione collettiva in caso di crisi aziendali.
Non dobbiamo però guardare a questa riqualificazione come a una spada di Damocle sulla testa di imprenditori e lavoratori, ma piuttosto come a una via di fuga dalla minaccia della stagnazione, o peggio della regressione, a cui andrà incontro chi non reagirà ai cambiamenti, irreversibili, portati dal Covid-19. La pandemia ha solo accelerato un processo che era già in atto. L’automazione dei processi robotici, l’intelligenza artificiale stavano già cambiando il modo in cui pensiamo ai ruoli dei lavoratori. Secondo il rapporto del World economic forum pubblicato nell’ottobre 2020, la rapida accelerazione dell’automazione e l’incertezza economica causate dalla pandemia sposteranno la divisione del lavoro tra esseri umani e macchine, portando a 85 milioni di posti di lavoro spostati e a 97 milioni di nuovi creati entro il 2025.
Per ricapitolare, ecco i reali vantaggi della riqualificazione per un’organizzazione. Innanzitutto ridurre i costi di formazione e assunzione, alti soprattutto quando si cercano talenti in ruoli specializzati. Quindi la riduzione dei danni dell’uscita dei dipendenti esperti. Inoltre è un incentivo alla conservazione dei dipendenti migliori, perché riqualificare significa non licenziare dipendenti magari eccellenti. Si incoraggia poi la mobilità interna. Ed infine si migliorerà il morale dei dipendenti: i dipendenti sentono che la loro azienda li valorizza quando hanno la possibilità di accrescere le proprie competenze e magari migliorare le proprie posizioni all’interno dell’organizzazione.