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Negli ultimi anni, l’Internet of Things si è sviluppata enormemente in termini di numero di dispositivi connessi e ubiquità, e di conseguenza nell’ammontare di dati prodotti nei più svariati ambiti, da quello industriale, a quello agricolo, a quello cittadino. Le infrastrutture cloud vengono utilizzate per immagazzinare ed elaborare tali dati. Tuttavia questo modello centralizzato è spesso in collisione con la filosofia stessa dell’IoT, a causa dei problemi di latenza, saturazione di rete e consumo energetico. Di conseguenza è emerso un nuovo paradigma, quello dell’Edge Computing, che fa propone di elaborare i dati ai bordi della rete, seguendo la naturale distribuzione geografica degli utilizzatori.
L’evoluzione più alta dell’Edge Computing è rappresentata dal Fog Computing, la cui visione è quella di distribuire le capacità di elaborazione, storage, controllo e networking in un livello intermedio tra cloud e IoT, fornendo servizi a entrambe le categorie di sistemi. In questa prospettiva, il Fog Computing costituisce il modello di riferimento per il cosiddetto Cloud-to-Thing (C2T) Continuum, cioè un ecosistema fluido che integra sistemi cloud e sistemi IoT al fine di realizzare servizi molto efficienti. In particolare, la scelta di dove collocare dati e processi – ai bordi della rete o al centro, nel cloud – avviene in modo automatico, invisibile all’utente, anche a seconda del contesto in qui quest’ultimo si trova ad operare. L’attività di ricerca e sviluppo nell’ambito del Fog Computing ha portato alla definizione dello standard Ieee 1934-2018 che definisce un’architettura di riferimento, che prende il nome di OpenFog.