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Come insegna la storia, le grandi crisi hanno sempre portato a notevoli cambiamenti economici.
Il keynesismo e l’intervento statale nacquero a seguito della grande depressione, la seconda guerra mondiale fu l’anticamera del welfare, lo shock petrolifero e l’inflazione degli anni ‘70 crearono le basi delle politiche neoliberiste: quali effetti avrà la doppia e speriamo ultima ondata pandemica in corso?
Analizzando il solo fronte economico si può constatare che una prima importante svolta si riscontra con l’abbandono delle politiche rigoriste da parte delle più importanti istituzioni monetarie mondiali.
La creazione di enormi nuovi deficit di bilancio da parte degli Stati non spaventa più e i programmi di stimolo con investimenti pubblici sono oggi considerati efficaci e generatori di importanti investimenti privati. Il fiscal monitor 2020 ha previsto che “incrementare gli investimenti pubblici dell’1% del PIL fa aumentare quelli privati di oltre il 10%”. Il mostro del debito pubblico che ne consegue, rispetto al passato, fa quindi molta meno paura.
Il fondo monetario internazionale presume che globalmente, per la prima volta nella storia, a seguito delle politiche fiscali messe in atto per 11 mila miliardi il rapporto debito/PIL mondiale supererà la soglia del 100%; quest’ultimo nei paesi del G7 è decollato dal 118% al 141%, mentre quello dell’area euro dall’84% al 101%.
Gli Stati Uniti, dopo i primi interventi fiscali primaverili, hanno portato il loro debito pubblico al 131% della ricchezza prodotta annualmente e quando la politica di stimolo del tandem Biden-Yellen, nuova numero uno al tesoro e regina delle colombe, verrà attuata, probabilmente vedremo salire quel rapporto di almeno altri 10 punti percentuali. Verosimilmente la politica di stimolo presentata dal neo Presidente in campagna elettorale potrà essere realizzata solo in forma parziale, in quanto i numeri al Senato non gli permetteranno di concretizzarla a pieno, raggiungendo comunque la cifra di 2 trilioni di dollari.
Francia, Spagna e Portogallo viaggiano con il rapporto debito/PIL tra il 120% e il 140% e questo fa sì che, almeno a breve termine, il nostro fardello casalingo prossimo al 160% sia in buona compagnia, più gestibile e molto meno preoccupante.
Ma per quanto tempo potrà continuare questa politica da parte degli Stati fatta di concerto con le banche centrali? Come si riuscirà a frenare l’enorme ascesa del debito mondiale che complessivamente (Stato-imprese-famiglie) ammonta al 365% del PIL prodotto? (fonte: IIF) Come gestire quello complessivo ancora più grande dei Paesi sviluppati che è aumentato negli ultimi 9 mesi di 50 punti percentuali raggiungendo il 432%? Cosa accadrà e sarà possibile invertire la rotta tagliando nuovamente la spesa senza stroncare la ripresa economica? Potranno BCE e FED rimettere sul mercato i 14 mila miliardi (7 mila a testa) di titoli di debito che hanno acquistato senza poi causare un terremoto sui tassi?
A tutt’oggi la quantità totale di obbligazioni a rendimento negativo nel mondo ha toccato nuovi livelli record arrivando a quasi 18 mila miliardi sui 60 mila emessi. Anche questo aiuta a spiegare come i mercati azionari, di contraltare, abbiano superato la loro capitalizzazione storica arrivando a 95 mila miliardi, tutto ciò nonostante il crollo dell’economia reale che quest’anno porterà ad un calo del 4,5% della ricchezza prodotta nel Pianeta.
La BCE, che ha comprato il 70% del debito pubblico emesso dai paesi UE dal secondo trimestre 2020, in un suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria ha messo in guardia gli Stati che hanno più di altri aiutato le imprese durante questa crisi scatenata dal COVID-19. Un ritiro prematuro degli aiuti di bilancio, delle garanzie sui prestiti alle moratorie, oltre a bloccare la ripresa porterebbe a problemi di solvibilità generando un’ulteriore ondata di perdite con un conseguente rischio di isteresi per le imprese.
Il “Cliff effect”, cioè lo shock determinato da un calo improvviso e amplificato delle misure di sostegno pubblico è il primo problema che gli Stati dovranno affrontare nel 2021, tenendo a mente che i lockdown causati dalla pandemia faranno pagare un prezzo molto più alto ai paesi del sud Europa rispetto a quelli del nord, in quanto il PIL generato per servizi a contatto con il consumatore rappresentano il 40% in Italia, Spagna Portogallo e Grecia, contro il 32% degli altri paesi UE.
L’equilibrio tra aiuti al sistema produttivo e la sostenibilità del debito rappresenta la grande partita che si dovrà giocare nei prossimi anni, epoca sicuramente ancora a lungo caratterizzata da tassi bassissimi, che favoriranno gli asset immobiliari e quelli azionari, in quanto sia la BCE che la FED non interverranno anche di fronte ad un’inflazione che tenderà a risalire verso il 2%.
La stabilità finanziaria di medio periodo deve rappresentare sempre il faro di ogni azione intrapresa da governi e banche centrali ed insieme ad essa occorrerà far riassorbire, almeno in parte, anche l’enorme disallineamento creatosi tra l’economia reale e quella finanziaria, disfunzione che non potrà reggere in eterno.
Presto o tardi le leggi fondamentali di economia riemergeranno e questo è bene non dimenticarlo mai.