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Il pauperismo è una visione della società che carsicamente attraversa la storia nel corso dei secoli per riemergere con prepotenza nel dibattito politico. Cosa accomuna la decrescita felice del filosofo francese Serge Latouche, oggi banalizzata maldestramente dai populisti italiani, l’austerity di Enrico Berlinguer e il culto della povertà praticato da San Francesco d’Assisi, se non la convinzione che il denaro altro non sia che “sterco del diavolo”?
Potremmo risalire molto a ritroso nel tempo, ad esempio all’ascetico imperatore-filosofo Marco Aurelio, oppure al cinico (cioè “che viveva come un cane”) Diogene, che abitava in una botte e fu l’unico uomo risparmiato da Alessandro quando il condottiero macedone rase al suolo Tebe. Affannarsi per accumulare ricchezze e denaro è inutile e spesso anche immorale: questo è l’assunto di base su cui poggiano le ideologie pauperiste.
Eppure, se ci sono due figure che sono rimaste sempre distanti anni-luce dalle suggestioni pauperistiche sono proprio i grandi padri del comunismo e della rivoluzione mondiale, Marx ed Engels. I due illustri rivoluzionari non solo celebrarono la forza trasformatrice del capitalismo, un modo di produzione capace di abbattere società medievali oppresse dal dominio di chierici e aristocratici e di portare alla ribalta della storia, non senza avere prima inondato il mondo di merci, la classe levatrice della rivoluzione, il proletariato, ma vissero vite che non disdegnarono affatto i piaceri e gli agi della società borghese. E non c’è alcuna contraddizione: Marx ed Engels si consideravano “materialisti storici”, erano convinti che la società comunista avrebbe trionfato non sulla base di un generico bisogno idealistico di giustizia, ma sulla base di criteri scientifici ed economicistici, ovvero perché il capitalismo non sarebbe stato in grado di dare a tutti la ricchezza che garantiva solo alla classe dominante, la borghesia.
Perciò leggere le biografie più recenti di Marx ed Engels, quelle finalmente depurate dalle esigenze propagandistiche dei partiti comunisti del ‘900, è un vero spasso. Engels, un uomo bello, aitante e ricco, oggi sarebbe probabilmente stato fatto a pezzi dal movimento femminista #meetoo. Nelle lettere che scrive dalla Francia durante la fuga dalla Germania, dopo i moti rivoluzionari del 1848, Engels non manca di celebrare le bellezze e le virtù amatorie delle ragazze francesi, come “le borgognone snelle, pulite e ben pettinate” e “le giovani molosse, sporche di terra e coi capelli arruffati, che si incontrano tra la Senna e la Loira”. A Londra la residenza di Engels era ambita dai sovversivi di tutta Europa, le riunioni a casa sua terminavano sempre con grandi mangiate e abbondanti bevute di pregiati vini francesi. Engels amava in particolare il Chateau Margaux, un Bordeaux già allora costosissimo che oggi è impossibile trovare a meno di 1.000-1.500 euro a bottiglia.
E le lettere dello squattrinato Marx si concludevano spesso con una richiesta che il ricco borghese Engels aveva imparato a conoscere molto bene: “mandami dello champagne”.