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L’obiettivo di ogni investitore nella costruzione del proprio portafoglio di investimenti dovrebbe essere quello di riuscire ad eliminare il rumore di fondo con il quale è costretto a convivere quotidianamente.
Nei mesi scorsi l’indice di incertezza politica mondiale ha raggiunto livelli che non si vedevano da più di vent’anni. Fattori quali la guerra commerciale sui dazi tra Usa e Cina, il nodo gordiano della Brexit, le tensione tra premier in Europa il tutto associato alla fine della politica espansiva di Draghi ed alle aspettative di continui rialzi dei tassi da parte della Fed hanno portato ad una forte correzione dei mercati finanziari con un prepotente ritorno della volatilità.
Dopo il 2017, definito l’anno della “Goldilocks economy”, in ricordo della favola della bimba dai riccioli d’oro, rappresentato da un periodo di equilibrio difficilmente sostenibile in cui tutte le principali asset class di investimento sono risultate positive, il 2018 ci ha lasciato con un quadro esattamente opposto. Il 93% tra tutte le categorie di investimento ha chiuso l’anno in territorio negativo, fenomeno che non si riscontrava da più di mezzo secolo.
La volatilità di cui avevamo dimenticato l’esistenza nel periodo 2013 – 2017 è tornata in scena generando la seconda maggior correzione degli indici nel decennio dopo quella della primavera/estate del 2011.
Togliere il rumore di fondo rappresenta quindi un elemento fondamentale per non distruggere valore nei portafogli e per far questo occorre analizzare le oscillazioni dei mercati allargando significativamente gli orizzonti temporali.
Prendendo in esame la borsa americana, principale mercato mondiale, dal 1872 ad oggi e scorporandola in periodi di analisi rolling a 1, 5, 10 e 20 anni emerge che i ritorni a 12 mesi comprensivi dei dividendi e depurati dal tasso di inflazione ammontano all’8,4% medio annuo con picchi positivi del 53,2% e negativi del 37% con una deviazione standard del 18,2%.
Se la fotografia della rolling sale a 5 anni il rendimento medio reale si assesta al 7,1% con una deviazione standard del 7,8% ed una forchetta di rendimenti tra minimo e massimo che va dal 28,5 al -11,7% medio annuo.
Con 10 anni di investimento il rendimento reale risulta essere al 6,8% con una volatilità al 5,1% con picchi positivi del 17,6% medio annuo e negativi del 4,1%.
Sorprendente invece notare che se l’investimento è di durata ventennale partendo da qualsiasi anno del periodo esaminato nell’analisi del professor Robert Shiller il rendimento medio ottenuto dall’investitore risulta essere del 6,7% con una volatilità che crolla al 3% e senza mai nessun ritorno negativo durante tutti i 146 anni presi in esame.
In quest’ultima fotografia emerge che coloro che hanno mantenuto l’investimento per vent’anni hanno ottenuto rendimenti medi annui oscillanti tra un massimo del 13,2% ed un minimo dello 0,50% reale.
Imparare a conoscere ed a convivere con la volatilità ed accettarne in modo razionale il suo ritorno permette all’investitore di essere ricompensato con il premio per il rischio quando approccia con i suoi risparmi i mercati dell’economia reale.
Diversamente lasciarsi sopraffare dall’emotività comporta enormi mancati guadagni, basti pensare che nel solo periodo 1990-2018 il Total Return annualizzato dell’indice S&P 500 è stato del 9,9% e mancando i migliori 30 giorni di rialzo il rendimento medio sarebbe sceso al 4%.
Addirittura mancando i migliori 60 rialzi nel periodo il rendimento per l’investitore si sarebbe azzerato.
Un mondo che tra trent’anni sarà abitato e dovrà soddisfare le esigenze di più di nove miliardi di persone e che vedrà tra soli venticinque anni l’Asia esprimere da sola il 58% della ricchezza prodotta annualmente dal pianeta, relegando gli Stati Uniti ad aver un peso che passa dal 24,4% attuale a solo l’11%, non può che rappresentare un’opportunità per chi non si lascia frastornare dai continui e molteplici brusii che ogni giorno ci circondano.