In libreria si possono trovare decine di testi in cui si parla di motivazione e motivatori. Steve Jobs, Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, Martin Luther King: a noi, poveri mortali con mortali problemi, leggendo le gesta di questi grandi, non rimane altro che tentare di attingere da quelle esperienze e sperare di riuscire in almeno un decimo di quello che sono stati in grado di fare loro. Ma, quando leggiamo un libro o frequentiamo un corso dobbiamo tenere a mente quelle figure sapendo di guardare a vertici assoluti, pezzi unici del genere umano.
Ovviamente servono diverse qualità per condurre gli uomini, alcune sono innate ed altre possono essere apprese, ma non è indispensabile essere perfetti. Tra le tante qualità necessarie, ce n’è una indispensabile; la capacità di non demotivare. Credo che sia semplice, ma non facile. Mentre come imprenditori e manager siamo occupati a pensare come motivare con premi, incentivi, progetti ed obbiettivi, quotidianamente abbiamo decine di piccole occasioni in cui i nostri gesti possono demotivare con quella forza che nessun ambizioso progetto potrebbe sgretolare.
Pressati dalle urgenze è sufficiente ad esempio, dimostrarci impazienti e poco disponibili al dialogo, fare riunioni fiume in cui non si arriva mai al dunque e, alla fine, non farne mai per la mancanza di tempo, urlare e criticare pubblicamente, dire no senza argomentare o scavalcare le gerarchie ed essere avari nel dare conferme positive sul buon lavoro fatto. Non è necessario fare grandi errori per essere un demotivatore, è sufficiente mancare quotidianamente in piccole cose che con un minimo di attenzione potrebbero essere evitate ma che, realizzandosi nello scorrere del tempo, potrebbero distruggere anche le persone più motivate. Per gestire con efficacia i collaboratori, innanzitutto, è necessario non essere un demotivatore e con una giusta attenzione ad evitare gli errori più piccoli, si possono fare miracoli e dimostrarci dei grandi leader.