Pagare le tasse è un dovere dei cittadini, ma esserne oppressi senza adeguato ritorno è un sopruso dello Stato. E’ questo il ragionamento in base al quale molti lavoratori autonomi o dipendenti evadono le tasse appena possono. Prendiamo l’esempio di un dipendente con uno stipendio annuo di 24mila euro. Le imposte dirette se ne mangiano 6mila, i contributi 2mila e alla fine il dipendente se ne intasca 16mila. Quando pero’ comincia a spenderli entrano in azione le imposte indirette. Iva, tasse su luce, acqua, gas, telefono, scuola, carburanti, bolli su auto e assicurazione, canoni televisivi. Consorzi di bonifica, Regioni, Province, Comuni, tutti si accaniscono su quei 16mila euro. E altri 3mila se ne vanno. Ma se lo Stato si divora il 50% del reddito da lavoro, cosa ci differenzia da un regime?
Le imposte dirette sono calcolate in base al reddito o su altri parametri che riguardano le condizioni di vita di un individuo (proprietà, famiglia, etc). Tali sottrazioni di denaro hanno una logica accettabile: i cittadini danno allo Stato una porzione dei propri introiti perché esso possa adempiere alle proprie funzioni sociali e civili. Quello che invece non capisco sono i denari prelevati ai cittadini per alimentare la burocrazia. Non c’è atto amministrativo che non richieda marche da bollo. Non c’è attività che non obblighi ad autorizzazioni, licenze e patenti. Per non parlare poi dei gruppi corporativi e parassitari che lo Stato tutela: gli Albi professionali, le Camere di commercio, i documenti notarili, le certificazioni. Poi anche il tempo è denaro: tutti siamo costretti a investire ore e ore di lavoro per ottemperare agli obblighi burocratici.
Sommando le imposte indirette e le forme meno visibili ma non meno pesanti di imposizione, si supera di parecchio il peso già ragguardevole delle imposte dirette. C’è chi calcola che riducendo le funzioni dello stato di oltre la metà si potrebbe ridurre la tassazione del 40%, e questo ci farebbe guadagnare tutti in sviluppo e benessere. Ma sarà dura perché nei Palazzi del potere in realtà nessuno conosce il numero di leggi, commi e norme di attuazione, e anche perché ciascuna delle corporazioni esistenti ha una norma o un uomo giusto al posto giusto che la protegge.
Il problema, in ogni caso, è troppo complesso per incolpare solo i liberi professionisti e i piccoli imprenditori, che versano anche le imposte dei dipendenti prelevandole dal cassetto della cassa. Quando questa mentalità, con il pretesto della lotta all’evasione (si badi bene di un fisco che si prende il 50%) e della solidarietà, ci avrà resi tutti poveri avrà raggiunto il suo obiettivo: l’uguaglianza dei morti di fame.