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Sicuri che il fisso sia una buona idea?

Di 10/08/2012Marzo 15th, 2023No Comments
Mi capita sempre più spesso di confrontarmi con aziende che scelgono di remunerare la forza vendita con un compenso fisso. È molto probabile che questa scelta sia motivata da due ragioni: la prima è garantire ai venditori serenità; la seconda è salvaguardare la qualità della relazione con il cliente – che non sia inficiata da interessi provvigionali, per intenderci. Ma tutto questo, per quanto condivisibile, non toglie che sia insito nella professione della vendita il coinvolgimento nel risultato che l’azienda ottiene grazie a essa, e sarebbe quindi in certo modo naturale che la retribuzione del venditore fosse composta da una parte fissa e da una variabile. Cambiamenti di strategia e di obiettivi, nuovi prodotti, nuovi prezzi, nuove modalità di relazione con il cliente, costringono i venditori a una grande flessibilità operativa e comportamentale, mediamente più alta di qualsiasi altro ruolo in azienda: ma perché dovrebbero accettare la fatica di tutti questi cambiamenti senza nessun vantaggio concreto?
La mia esperienza nella gestione delle reti di vendita dice che è già molto difficile far cambiare abitudini a venditori professionisti pagati con provvigioni, quindi molto interessati al raggiungimento degli obiettivi: è dura non perché manchi la volontà, ma perché evolversi verso nuove modalità è un processo lungo e faticoso, e serve una forte motivazione, rappresentata per lo più dall’ambizione alla crescita professionale o dalla ricerca di maggiori guadagni. Penserete che sia un approccio troppo crudo o semplicistico… Ma esiste un’azienda che abbia ottenuto buoni risultati nel cambiamento di strategie commerciali senza che ciò portasse vantaggio alla rete vendita? A me non è mai successo di incontrarla. I guru della consulenza in area commerciale ritengono che il rapporto tra fisso e variabile nella retribuzione di un funzionario commerciale dovrebbe essere equamente ripartito, con un 50% fisso e un 50% variabile. Quello che incontro sempre più spesso invece è che il variabile – quando c’è – incide per poco più del 10%, e spesso è difficile da ottenere facendo scattare la percezione di impossibilità nel raggiungere il premio, con il conseguente appiattimento delle motivazioni.
Io sono sempre dalla parte dei venditori e non mi fa piacere dirlo, ma perché un dipendente a stipendio fisso con auto e telefono pagati, sempre in giro e poco controllato, dovrebbe sacrificarsi per far raggiungere gli obiettivi all’azienda? Il grande Mario Silvano nei suoi libri dice che l’azienda deve diffidare degli impiegati commerciali travestiti da venditori, e che solo l’impatto del variabile permette di distinguere tra le due specie. In effetti capita spesso che un venditore alle prese con un nuovo incarico, un nuovo prodotto o una nuova zona, chieda il mitico rimborso spese o l’altrettanto leggendario anticipo provvigionale, strumenti ottimi che anche io uso – e consiglio ai miei clienti – ma con una piccola provocazione: dico al venditore che, anziché il rimborso spese o l’anticipo provvigionale per qualche mese, l’azienda è disposta a raddoppiare le provvigioni, in modo da fargli guadagnare molto di più di qualsiasi anticipo o rimborso. Un piccolo test che rivela il venditore vero e di fronte al quale – purtroppo – molti scelgono il compenso fisso.
In conclusione il mio consiglio è di impostare le retribuzioni del personale di vendita in modo che il variabile rappresenti una parte molto significativa, anche se questo può rendere difficile trovare le persone giuste. Ricordatevi però sempre che una persona inefficace in area commerciale significa costi altissimi nel medio termine, sia per quanto riguarda la pura retribuzione, sia per la bassa qualità del feedback che la persona è in grado di recepire dal mercato di riferimento.