Sicuro devo averlo letto da qualche parte. Fatto sta che, da che mondo è mondo, la teoria e la pratica sono due cose diverse,
si sa. Se c’è una cosa di me che so per certo è che, di lavoro, io scrivo. Ma non è stato sempre così, non sempre ininterrottamente, diciamo. C’è stato un momento – che definirei quanto di più simile a un’esperienza extracorporea – in cui stavo dietro allo sportello di una banca e pronunciavo frasi tipo ricorda per caso il numero del conto?, quanto vuole versare?, le stampo il piano di ammortamento del mutuo. Questa cosa non mi andava proprio giù, perché per me il lavoro era una questione di identità. Una di quelle cose che ti presenti – dici come ti chiami, da dove vieni, cosa fai di bello nella vita – e quella cosa che fai, in qualche modo, deve parlare di te.
Il problema è che non sempre funziona. Per esempio, all’epoca, quando mi chiedevano che lavoro fai? io pronunciavo poche parole, difficilissime: lavoro in banca. E questo non diceva un bel niente di me, però dall’altra parte era tutta una giostra di ah, bel posto e devi essere in gamba. Io non mi sentivo questo gran talento e improvvisavo un sorriso mentre sprofondavo nell’imbarazzo più totale, fingendo interesse per una cosa di cui mi fregava meno di niente. Mi pareva che nessuno mai si ponesse il problema di mettere in dubbio l’equazione secondo cui il lavoro in banca corrispondesse al massimo della realizzazione personale. Si aggiunge poi questo fatto, cioè che noi trentenni siamo abituati a vivere nella crisi, ci sguazziamo, cresciuti come siamo con l’idea di doverci aggrappare a qualsiasi costo al primo appiglio utile pur di tirarci in salvo. Da cosa, poi, quello è da capire.
All’ultimo aperitivo del venerdì eravamo in sei, di cui quattro in terapia da due anni. Pare che siamo la generazione dell’ansia e
lo credo bene, quantomeno per un fatto di statistica. Un’amica diceva che portiamo dallo psicologo gli irrisolti di chi è venuto
prima di noi, tipo quella storia della performance… avete presente?
Per fortuna a me è andata meglio e infatti sono qua che scrivo. Ora sì che sono io. In compenso in banca ho imparato tanto, tipo compilare gli assegni e rivendicare il mio sacrosanto diritto a fare schifo in qualcosa, senza provare imbarazzo.
di Clara Collana