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Il ‘600 è un secolo in cui brillano nella musica molti eccellenti compositori italiani. Su tutti si staglia la figura di Claudio Monteverdi, autore di opere e arie memorabili, come la celeberrima Pur ti miro tratta da L’incoronazione di Poppea. Ma ci sono anche altri musicisti italiani, a torto o a ragione considerati minori rispetto ad altri giganti della musica, che hanno regalato ai contemporanei e ai posteri autentici piccoli gioielli.
Possiamo citare Luigi Rossi, Antonio Sartorio e Alessandro Stradella, che terminò drammaticamente la sua breve vita a 39 anni, accoltellato a morte in un vicolo di Genova dai sicari di un aristocratico a cui l’esuberante compositore aveva insidiato la procace e giovane sorella. Tra questi autori, apprezzati soprattutto dagli appassionati di musica barocca, spicca Marco Uccellini. Romagnolo di origine, Uccellini prese i voti sacerdotali, destino che all’epoca toccava spesso ai giovani portati allo studio e ai secondo-terzogeniti. Trascorse buona parte della sua esistenza al servizio prima degli Este, che alla fine del 1500 avevano trasferito la capitale del Ducato da Ferrara a Modena, e poi dei Farnese a Parma e Piacenza. Nella produzione di Uccellini, che fu compositore e violinista, merita una segnalazione l’Aria sopra la Bergamasca, una composizione che ancora oggi viene eseguita o registrata da ensamble da camera. Nel ‘600 spostarsi era cosa assai complicata, e anche nel Ducato Estense la via d’acqua, ad esempio sul Panaro e sul canale Burana che collegavano Ferrara a Modena, era l’infrastruttura di trasporto più utilizzata. In carrozza servivano almeno due giorni per andare da Reggio a Firenze, e una settimana per raggiungere Roma. Nel 1630, con lo scoppio dell’epidemia di peste bubbonica così mirabilmente descritta da Manzoni ne I Promessi Sposi, Francesco I d’Este, Duca di Modena e Reggio, lasciò Modena, devastata dal morbo, e si rifugiò per alcuni mesi in campagna, nel Reggiano. Non si recò a Villa d’Este, nella odierna Rivalta, nella cosiddetta Reggia di cui tanto hanno parlato recentemente le cronache locali, semplicemente perché la Reggia ancora non esisteva. E questa è la mia unica concessione in questo pezzo allo spirito del tempo, il mio, a cui per altro “andiamo incontro cosi come esso ci cerca”, come scriveva pochi anni prima William Shakespeare nel Cimbelino. Probabilmente Francesco I si acquartierò nei pressi di Rubiera. L’Aria sopra la Bergamasca fu composta nel 1642, dunque è assai improbabile che durante quel soggiorno reggiano l’esilio forzato di Francesco I sia stato allietato dalla splendida aria di Uccellini. Ma mi piace pensare che proprio in occasione di un lungo e noioso viaggio in carrozza nelle lande reggiane, terre di confine tra il Ducato di Modena e quello di Parma, Don Marco abbia composto quell’aria così melodiosa e aggraziata, e che a corte il Duca l’abbia molto gradita.