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Progetti faraonici, prospettive da sogno, flop da incubo. In tutto il mondo tutte le metropoli stanno intraprendendo un proprio percorso per diventare delle autentiche smart city, con luci e ombre, successi ed insuccessi. Ognuna ha un punto di forza, ciascuna aggredisce l’obiettivo con una visione. Ecco sei esempi molto interessanti sparsi per il globo.

Songdo (Corea del Sud)
Smart, forse troppo
Il nome completo della città è Songdo International Business District (IBD) e sorge su un’estensione di circa 600 ettari strappati alle acque del Mar Giallo, a 65 chilometri da Seoul. Frutto di un investimento da 40 miliardi di dollari, è una visione di smart city totale iniziata nel 2000, la cui messa a punto definitiva sovrebbe avvenire nel 2020. La città è studiata a misura delle multinazionali hi-tech per permettere loro l’apertura di uffici, hub, laboratori, incubatori. Ogni aspetto della vita cittadina è previsto e gestito con precisione: sistemi pneumatici aspirano i rifiuti degli edifici smistandoli per il riciclaggio o losmaltimento; sensori sparsi ovunque gestiscono energia, traffico, temperatura. Per adesso mancano solo le persone: costruita per accogliere 65.000 abitanti, al momento ne mancano ancora un terzo.

Masdar City (Emirati Arabi Uniti)
Zero emissioni nel regno del petrolio
Creata nel cuore degli Emirati Arabi, a soli 6 chilometri da Abu Dhabi, la città di Masdar è una creazione sperimentale costata circa 18 miliardi di dollari con l’ambizione di essere il primo centro urbano mondiale a zero emissioni di carbonio: progetto paradossale per un Paese la cui economia è sorretta dal commercio petrolifero. In realtà la città è stata creata proprio per rispondere alla domanda di un’alternativa completa in caso di esaurimento delle risorse di idrocarburi. Masdar è progettata per accogliere una popolazione diurna di 90.000 persone e 50.000 a tempo pieno. Tuttavia i lavori di completamento, che avrebbero dovuto terminare nel 2015, sono interrotti dal 2012 per l’esaurimento del budget. Ora si stima di completare l’opera per il 2030, ma al momento attuale si prospetta che probabilmente si dovrà scartare l’obiettivo di rendere la città priva al 100% di emissioni di carbonio.

Singapore (Singapore)
Smart non ci si improvvisa
Uno dei migliori modelli per lo studio delle smart cities è la città-Stato di Singapore, una città capace di esprimere un alto potenziale di governance tecnologico dell’attività cittadina senza che questo diventi sorveglianza sugli abitanti. Singapore possedeva già un diffuso substrato di infrastrutture tecnologiche anche prima del 2014, l’anno in cui il Primo Ministro Lee Hsien Loong varò il piano per renderla una vera smart city facendo piazzare un migliaio di sensori sul territorio e preparandone l’istallazione di un numero indefinitamente maggiore. La città possiede uno dei migliori sistemi di trasporto pubblico del mondo, e proprio qui hanno visto il loro debutto i primi taxi senza pilota. Inoltre Singapore ha una tra le più veloci ed efficienti reti internet al mondo ed è una delle prime città al mondo ad aver iniziato politiche di e-governance. Insomma prima di diventare una smart city era già una metropoli con un’altissimo grado di qualità della vita.

Columbus (Stati Uniti)
Se c’è l’ha fatta Columbus…
La città dell’Ohio è un hub globale della tecnologia, ma ha avuto una rapida ascesa nel ruolo di smart city modello grazie ad un deciso supporto delle organizzazioni locali nella missione di usare la tecnologia per aiutare i propri cittadini. La città infatti si è imposta il compito di diventare un modello per le altre città statunitensi a partire dal 2016, quando ha vinto i 50 milioni di dollari del contributo governativo dello Smart City Challenge indetto dal Dipartimento dei Trasporti federale. Da allora lo slogan è stato: Se Columbus può diventare una smart city, possono farlo anche le altre città americane. Da quel momento il fondo di partenza si è decuplicato grazie alla raccolta nel settore privato. Attualmente la città aspira ad arrivare a un miliardo di dollari nei prossimi quattro anni. Il piano di Columbus insegna che le municipalità devono agire fianco a fianco col proprio tessuto economico per vincere la sfida.

Las Vegas (Stati Uniti)
Il calcolo delle probabilità
Una città non è smart perché utilizza la tecnologia, una città è smart perché utilizza la tecnologia per rendere migliore la vita dei suoi cittadini, e non solo, anche per i suoi visitatori. Questa è l’idea con cui si sta operando a Las Vegas, la città che per definizione vive di turismo e visitatori attratti dallo spettacolo e dal gioco d’azzardo. La città del Nevada si sta trasformando negli ultimi anni in un autentico laboratorio per i progetti di Smart City, mettendo in campo soluzioni tecnologiche di ogni tipo, dalle app che aiutano gli automobilisti a trovare un parcheggio in tempo reale a sistemi intelligenti di controllo della circolazione automobilistica che utilizzano l’apprendimento automatico per prevedere e ottimizzare i modelli di traffico. Proprio come i modelli previsionali usati nel campo della meteorologia. Il segreto sta nella raccolta e nel calcolo di un’enorme quantità di dati.

Barcellona (Spagna)
Alta e bassa tecnologia
Le città che aspirano a diventare smart corrono di contro un altro rischio, quello di concentrarsi su una tecnologia che perde di vista iniziative promettenti che non richiedono l’impiego di sensori collegati, app dedicate o qualsiasi altro tipo di widget. Barcellona è sicuramente una delle principali smart city d’Europa, e lo è utilizzando un mix di iniziative ad alta e bassa tecnologia. Per fare un esempio, la lotta per migliorare la qualità dell’aria utilizza un sistema che controlla e prevede i livelli di inquinamento atmosferico, grazie a numerosi sensori sparsi per la metropoli. Il provvedimento concreto è però un’azione a bassa tecnologia: l’inibizione periodica della circolazione veicolare in settori composti da nove isolati, chiamati superblocchi. La soluzione ha ovviamente suscitato proteste, ma ha lasciato spazio per mercati e attività all’aperto ed ha centrato in modo efficace l’obiettivo del miglioramento della qualità dell’aria.