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Giorgia Manzini

E’ trascorso un decennio dalle liberalizzazioni del governo Prodi, con i decreti Bersani che hanno investito molti settori dell’economia. Poi fu la volta del governo Berlusconi, del governo Monti, per arrivare all’emanazione dell’ultima legge sul mercato e sulla concorrenza, in vigore dal 29 agosto 2017. Il fenomeno delle liberalizzazioni si riferisce al mercato e comporta l’adeguarsi ai principi del liberismo economico. Questa teoria investito anche le libere professioni, con l’abolizione delle tariffe, sostituite dalla libera trattativa fra cliente e professionista. Ma se la concorrenza ha lo scopo di garantire l’efficienza del sistema economico e il benessere dei consumatori, nelle libere professioni la deregulation delle tariffe ha comportato notevoli storture, sia nei rapporti fra professionisti, con fenomeni di dumping, sia nei rapporti fra professionisti e clienti, ove ha prevalso il contraente forte. Se infatti la libera concorrenza promuove l’innovazione, la riduzione dei costi e il miglioramento qualitativo dei prodotti, ciò è una forzatura nelle libere professioni, dove conta l’intuitus personae, cioè la fiducia nel professionista. Voler applicare, dunque, le leggi del libero mercato destinate ad imprese e prodotti, nel diverso mondo dei liberi professionisti e delle prestazione intellettuali è una tendenza fuorviante che si è imposta da anni. Ma che ha trovato un argine nel disegno di legge sull’equo compenso dei professionisti, promosso dalla Commissione Lavoro del Senato in continuità con il Jobs Act del lavoro autonomo (l.81/2017). L’equo compenso servirà a garantire a tutti i lavoratori autonomi livelli minimi inderogabili di remunerazione. Perchè il sapere è il vero valore.

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