Per un’azienda crescere dev’essere un obiettivo costante e mai del tutto appagato, perché solo attraverso la crescita un imprenditore può garantire una continua soddisfazione professionale ed economica a sé stesso e anche ai suoi collaboratori e dipendenti. Voler crescere, ad un dato momento, vorrà dire per un’impresa superare i confini geografici del proprio Paese, raggiungere nuovi e diversi mercati, confrontarsi con realtà sociali e di consumo totalmente differenti, assecondare legislazioni e processi logistici inizialmente sconosciuti.
Affrontare un’esperienza del genere sarà in ogni caso il punto di svolta per un’impresa. In caso di successo significherà che la struttura aziendale è solida, ben unita e capace di realizzare prodotti assolutamente validi; in caso di insuccesso invece, l’avventura può trasformarsi in naufragio. Per questo motivo l’internazionalizzazione dell’impresa non può e non deve improvvisarsi: il business estero è una fase delicatissima che comporta molti cambiamenti in seno all’impresa, in primis a livello mentale e successivamente con un accurato lavoro di pianificazione. Ma un’impresa sbaglia se in questa avventura crede di essere autosufficiente. È necessario infatti affiancarsi a partner affidabili, a consulenti capaci ed esperti, conoscitori di dinamiche e mercati. Cercare aiuto nelle altre imprese, creare alleanze, filiere, aggregazioni e reti, è qualcosa di ancora tabù per l’imprenditoria italiana, ma credo sia anche il peccato originale che ne impedisce il volo.
E invece il mondo aspetta noi. Abbiamo un’enorme eredità da spendere, quel marchio Made in Italy creato dagli imprenditori geniali e spericolati delle vecchie generazioni e ancora universalmente riconosciuto. Non dobbiamo preoccuparci del branding dunque, e non è poco. Non abbiamo scusanti allora: torniamo a conquistare il mondo.