“La crisi impiega un tempo molto più lungo ad arrivare rispetto a quanto si pensi, ma poi si presenta molto più velocemente di quanto ci aspettiamo”.
Questa frase di Rudi Dornbusch economista tedesco premio Nobel nel 1999 ci permette di approcciare in maniera più razionale la grande correzione dei mercati di questi mesi che tanto ci spaventa.
Un po’di numeri per capire: l’economia del pianeta nel 2015 è cresciuta nel suo complesso del 3,1% dopo una crescita del 3,4% del 2014. Il FMI aveva previsto una crescita per il 2016 del 3,6% in accelerazione rispetto al 2015 per poi correggere il dato solo poche settimane dopo portandola al 3,3 – 3,4 %. La Cina nel 2005 cresceva dell’11% all’anno contribuendo per un 22% al tasso di crescita globale mentre nel 2015 è cresciuta del 6,9% con un contributo alla crescita globale del 39%. Parallelamente il debito privato cinese è passato dall’essere una volta il valore del PIL nel 2005, a più di due volte il PIL attuale.
Nel 1980 il debito privato delle famiglie americane ammontava a 5 trilioni di dollari, oggi, tra l’altro in miglioramento, ammonta a più di 60 trilioni di dollari. Complessivamente i debiti privati delle grandi economie ammontano a 170 trilioni di dollari. L’attuale conflitto sul petrolio tra paesi arabi lascerà il prezzo dello stesso per ancora molto tempo livelli molto lontani da quelli visti negli anni passati con il risultato che l’Arabia Saudita ha generato un deficit del 15% del suo PIL mentre altri paesi dell’area hanno superato abbondantemente il 20% dello stesso.
Per far fronte a questi deficit di bilancio ora si vedono costretti a mettere mano ai loro fondi sovrani che ammontano ad un valore di 4.000 miliardi di dollari e a vendere assets per circa 800 miliardi. Tali investimenti sono concentrati prevalentemente sui mercati dell’Europa occidentale ed in particolare, per circa un 60%, nel settore dei titoli finanziari.
La FED che aveva avviato poche settimane fa la graduale normalizzazione dei tassi, si vedrà costretta molto probabilmente, alla luce di questo rallentamento che interessa anche la metà degli Stati che compongono la nazione Americana, a bloccare questo processo di rialzo del costo del denaro e forse già l’anno prossimo a riabbassarlo. La BCE dal canto suo continuerà molto più a lungo il suo processo di QE.
L’insieme di questi dati macroeconomici portano alla conclusione che la crescita economica mondiale è avvenuta grazie, e forse troppo, all’enorme liquidità creata nel sistema. Proprio la liquidità che ha fatto evitare la parte più dura della recessione, non lasciandola arrivare dove doveva, ha portato le economie ad effettuare troppe poche ristrutturazioni rispetto a quanto avrebbero dovuto come è sempre avvenuto nelle fasi di distruzione creativa nel ciclo economico. Negli ultimi quarant’anni, per ridurre la volatilità dei cicli economici si è sempre usato la leva dei tassi e parallelamente aumentato il debito. Probabilmente un giorno questo conto dovrà essere pagato.
Nel luglio scorso, dopo un primo quadrimestre record delle borse, dissi che la volatilità prima o poi sarebbe riapparsa, oggi, con la stessa a livelli molto alti, possiamo affermare che si sono create aree di valore per il futuro.