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di Chiara Serri
fotografie di Francesco Busso e Simona Castaldo

Bio_
Nato a Torino nel 1984, vive a Lombriasco (TO)

Studi_
Accademia Albertina di Belle Arti di Torino (Decorazione)

Personali_
Una vaga sensazione di assenza, PAN – Palazzo delle Arti Napoli (Napoli, 2013);
Eidola, Silbernagl & Undergallery (Milano, 2013);
Racconti d’ombra, VV8artecontemporanea, (Reggio Emilia, 2012);

In programma_
Apparenze reali, Weber & Weber, Torino (dal 26 settembre)

Gallerie_
VV8artecontemporanea (RE)
Weber & Weber (TO)
Silbernagl & Undergallery (MI)

Web_
simonebubbico.wix.com/simonebubbico

Una vaga sensazione di_opt

Il nostro tema del mese è invisibile. Cos’è per te invisibile? Come rientra nell’arte e nella tua ricerca?
Invisibile è qualcosa di non fisicamente tangibile, ma presente, custodito nell’intimo di ognuno. È energia in attesa. Penso che in arte l’invisibile sia da ricercare in profondità, osservando le opere con attenzione e curiosità. Nel mio lavoro cerco di raccontare, attraverso immagini metaforiche, caratteri nascosti, fobie o sentimenti intimi dell’uomo e, di conseguenza, della società. L’ombra, seppur visibile, è fatta della sua immaterialità: è qualcosa di effimero, misterioso e impalpabile, strettamente legato a una dimensione interiore.

Nelle tue opere è l’ombra stessa che genera l’immagine, attraverso un processo analogo alle ombre cinesi. Da cosa deriva il tuo interesse per questo tipo di espressione?
Le ombre cinesi venivano utilizzate per raccontare storie, rivelando talvolta le caratteristiche intime e nascoste dei personaggi. Un altro aspetto che mi affascina dell’ombra è l’ambigua relazione che intercorre tra l’elemento fisico e la sua proiezione, in particolar modo la sensazione che il suo profilo si separi dall’oggetto diventando indipendente: un nuovo soggetto nel quale gli elementi di partenza non sono più distinguibili.

Ti muovi liberamente attraverso diversi linguaggi, dal calco in gesso alla pittura a spray. Come nasce una tua installazione?
Ogni lavoro nasce da un’introspezione personale e dal confronto con la società in cui viviamo. In primo luogo cerco di definire il tema, rintracciando il suo corrispettivo nel teatro delle ombre. Pochi bozzetti per impostare l’opera e poi il calco in gesso, dal negativo al positivo, utilizzando sempre le mie mani. Fatto il calco, sistemo le luci e mi dedico alla realizzazione del corpo del personaggio, dipinto a spray su una tela, successivamente sagomata e applicata a parete. In alcuni opere sono poi presenti altre proiezioni, realizzate grazie a scatole luminose che diffondono la luce.

L’installazione delle tue opere prevede uno studio attento della luce. Preferisci essere presente durante l’allestimento delle mostre?
Si, per quanto mi è possibile cerco sempre di essere presente e allestire personalmente i miei lavori, per impostare al meglio le luci e posizionare correttamente tutti gli elementi.

Ti piace lavorare su commissione?
Per quanto riguarda le installazioni, lavorare su commissione è spesso una bella sfida. Nel mio caso, alla progettazione dell’opera per uno spazio specifico, si aggiunge anche la gestione delle luci e delle ombre…

L’uso dello spray non ti è nuovo, si tratta piuttosto di un ritorno…
Ho sempre avuto la passione per il disegno, fin da bambino. Crescendo mi sono innamorato dei graffiti e, durante l’adolescenza, ho imparato a utilizzare gli spray. All’istituto d’arte e all’accademia ho acquisito le tecniche tradizionali ma, terminati gli studi, avevo la sensazione di aver esaurito gli stimoli. Mi sembrava di non riuscire a realizzare lavori soddisfacenti a olio o acrilico, che trasmettessero ciò che volevo raccontare. Così, di punto in bianco, sono tornato agli spray, impiegandoli però per lavorare su tela. Poi, per dare maggiore forza espressiva alla pittura, ho iniziato a studiare le ombre.

simonebubbico_opt

Le tue figure sono sempre acefale, completate da una protome animale generata dalle tue mani. Quali significati associ a questa ibridazione?
Nell’immaginario comune, così come nelle favole classiche, molti animali vengono associati ad aspetti del carattere o dell’animo umano. Un parallelo che cerco di riproporre anche nel mio lavoro, per rafforzare il significato dell’immagine finale.

Spesso, accanto alle installazioni, esponi anche alcune lightbox, caratterizzate dalla presenza di corpi ibridi o figure che evocano un prima e un dopo. Insomma, l’idea di un movimento…
Le lightbox sono frutto di un’ulteriore sperimentazione, che ancora una volta utilizza la luce, ma abbinata a diversi materiali. Questo per non fermarmi alla struttura delle installazioni e sviluppare il discorso in più direzioni. Anche in queste opere sono presenti figure ibride, rese visibili dal fascio luminoso. La novità è data, in alcuni lavori, dal ruolo attivo dello spettatore, chiamato ad azionare un interruttore. La luce si accende e viene proiettata la parte mancante dell’immagine, così da creare un’interazione e stimolare il pubblico ad andare più a fondo nell’osservazione dell’opera.

Le mostre che hanno segnato un giro di boa nel tuo percorso?
La mostra The third floor: Free speech zone, organizzata dall’associazione Arteco di Torino, mi ha portato a conoscere la curatrice Elena Re e, successivamente, Alberto Soncini e Chiara Pompili, titolari della Galleria VV8artecontemporanea di Reggio Emilia, che hanno ospitato la mia prima personale in una galleria d’arte. Poi è stata la volta del Premio Arte Laguna, che mi ha dato la possibilità di mostrare il mio lavoro a un pubblico vasto e di stabilire nuovi contatti.

Progetti in cantiere?
Una personale alla Galleria Weber & Weber di Torino, che sarà inaugurata il prossimo 26 settembre. Presenteremo una selezione di lavori recenti, sia lightbox che installazioni assieme ad alcune opere inedite realizzate appositamente per la mostra, così da creare un insieme omogeneo.

E dopo?
Dopo mi chiuderò in studio a fare ricerca. È tempo di sperimentare nuove tecniche e raccogliere nuove idee, così da non rimanere legato a un solo modus operandi…