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Prima che l’arte si vendichi

Di 05/10/2012Marzo 15th, 2023No Comments

“Se l’Europa vuole restare competitiva in questo ambiente globale in evoluzione, deve creare le condizioni propizie al fiorire della creatività e dell’innovazione in una nuova cultura imprenditoriale. Le industrie culturali e creative dispongono di un potenziale in gran parte inutilizzato di creazione di crescita, e di occupazione. Per uscire da questa situazione, l’Europa deve individuare nuove fonti di sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo, e investire in esse per assicurarsi un futuro”. Questo scrivevano nel 2010 i membri della Commissione Europea. Pochi anni prima, in Italia, una commissione di studio ministeriale era stata incaricata di produrre un Rapporto sulla creatività e produzione di cultura a livello nazionale. L’obiettivo era quello di definire un modello italiano di creatività e produzione culturale, in quanto ritenuto binomio indissolubile nonché asset irrinunciabile di sviluppo economico, capace di posizionare strategicamente il nostro Paese. Questi documenti descrivono un paradigma che collega economia e cultura riconoscendo che creatività, conoscenza e accesso alle informazioni sono potenti fattori di crescita: la capacità di immaginare, creare e innovare come imprescindibile fattore di competitività. In gran parte, la nostra futura prosperità dipenderà da come sapremo utilizzare le nostre risorse, le nostre conoscenze e i nostri talenti per stimolare l’innovazione.
Lo scorso 3 luglio, la World Intellectual Property Organization (Wipo) ha pubblicato l’edizione 2012 del Global Innovation Index, che classifica 141 economie nazionali secondo il loro indice d’innovazione, calcolato su capacità e risultato: l’Italia si trova al 36° posto. Viene da chiedersi che ne è dell’eredità dei capolavori del nostro Rinascimento, che raccontano anche di come il fiorire del moderno sistema bancario sia stato contemporaneo alla più prolifica stagione artistica del nostro Occidente… Che abbiano scritto poesie, composto musica, costruito piazze, dipinto, scolpito marmo, solcato mari, molti italiani di genio hanno dimostrato in quel passato la loro capacità di applicare la regula universalissima: “Fuggir quanto più si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura”. In due parole: intenso impegno e incessante attenzione. Il mondo ha ancora bisogno di innovatori come questi, che possano guidare la spinta verso soluzioni sostenibili.
Nell’industria creativa, e in particolare nel settore della moda, c’è uno straordinario potenziale creativo che può aiutarci a vincere le sfide ambientali, sociali ed etiche su scala globale: come Europei e Italiani, lo stiamo utilizzando al meglio?
Va detto che sarebbe una vera sorpresa e un vero peccato se il nostro Paese in questo contesto non eccellesse. Secondo i Fashion Economic Trends, diffusi dalla Camera della Moda, il settore ha chiuso il 2011 lievemente meglio del previsto, ma già nel primo trimestre 2012 ha rivelato segni di contrazione che fanno prevedere una chiusura dell’anno negativa. Se l’abilità, il gusto e la passione per la moda non ci abbandonano, tuttavia non bisogna dimenticare che “se l’arte non è amata, prima o poi si vendica”, come amava dire la gallerista milanese Claudia Gian Ferrari.