Crepuscolo: collego questa parola al momento della giornata che amo di più. La luce soffusa che lentamente spegne un giorno già compiuto, portando con sé ogni cosa accaduta, bella o brutta che sia; e attenua i contrasti, dando ad ogni cosa una nuova dimensione, un aspetto più dolce e morbido. Un momento in cui si possono osservare le cose per quello che realmente sono, senza filtri, senza pregiudizi e condizionamenti emotivi, tutt’al più accompagnate da una rinnovata fiducia e speranza per il nuovo giorno, che aspetta scalpitante di cominciare.
Ma crepuscolo è anche la parola che certamente si può correlare al momento nel quale l’Occidente si trova. Credo che il mondo che abbiamo conosciuto fino ad ora sia giunto al termine di una giornata cominciata negli anni novanta con la fine della Guerra Fredda. Un giorno che ci ha mostrato un’economia globalizzata, ci ha fatto sperare in una nazione europea unita ed equa, ci ha trasformati in una società liquida, ci ha convinti che ogni individuo avrebbe potuto possedere qualsiasi tipologia di bene, a patto che fosse disposto a ipotecare il resto della propria vita. Un giorno durato quasi 20 anni che ha sedimentato il significato del capitalismo come legato da una parte all’egoismo, e dall’altra alla speculazione.
Viviamo in un’era così imprigionata negli algoritmi economici, che un lieve declassamento della solubilità di un nazione come gli Stati Uniti d’America, ha mandato in panico le borse di tutto il mondo. Perchè è chiaro che da un rating tripla A ad un rating AA+, in sostanza non cambia nulla: il debitore rimane più che in grado di pagare i propri debiti. Ma questo “nulla” è in grado di determinare la fortuna o la sfortuna di piccoli o grandi risparmiatori e, nel peggiori dei casi, quando questo perverso meccanismo di valutazione del debiti nazionali da il meglio di sè, è anche in grado di fare cadere governi, o perlomeno di influenzare le loro politiche economiche.
Ecco cosa mi sembra di vedere bene al crepuscolo: un potere fortemente sbilanciato a favore di pochi soggetti, che con i loro calcoli possono determinare il destino di intere nazioni, gettandole sul lastrico. Penso che sia giunto il momento d’immaginare con serenità e fiducia un nuovo modello economico. Più sostenibile, semplice e reale; meno liquido. Un modello in cui la produzione e il lavoro possano tornare protagonisti in positivo delle società nelle quali viviamo, in cui l’etica possa dettare le regole del gioco. Un modello che rivendico capitalistico, se con questo intendiamo di avere come obiettivo un reale miglioramento delle condizioni di vita del maggior numero possibile di individui su questo pianeta. Siamo al crepuscolo di questo giorno che è trascorso tra impegni frenetici, preoccupazioni e paure, ma sta per nascere un nuovo giorno pieno di possibilità e speranze per il futuro. A patto che ci si fermi un istante a riflettere su quanto ci siamo “semplicemente” complicati le cose.