Provate a pronunciare le parole “rifiuti zero” sulla pubblica piazza. Troverete certamente qualcuno che avrà qualcosa da dire o ridire su un Beppe Grillo che, da un palcoscenico proteso su una folla concentrata, trasuda invettive da tutti i pori. Farete senza dubbio più fatica a trovare qualcuno in grado di spiegarvi perchè una metropoli come San Francisco ricicla il 75% dei materiali di consumo e nel nostro Paese solo realtà medio-piccole come Capannori e Vedelago riescono in questo virtuosismo che, data l’eccezionalità rispetto al contesto, assume contorni quasi epici. Andiamo allora a vedere cosa accade da decine di anni a San Francisco, considerata a buon titolo la capitale mondiale del riciclaggio. Là già nel 2002 si riciclava il 60% del materiale di consumo, una percentuale che oggi è cresciuta al 75% e si dirige orgogliosamente verso l’obiettivo “rifiuti zero”, fissato per il 2020. Lì c’è un impianto che si chiama Pier 96 nel quale entrano tonnellate di carta, plastica e lattine mischiate insieme e dal quale ogni giorno escono 32 container di balle di 16 materiali diversi destinati al recupero. E tutto questo con energia prodotta dai pannelli fotovoltaici installati sul tetto dello stabilimento. Poi c’è anche un impianto verso il quale si dirigono l’organico e il non riciclabile. Con l’organico si produce un compost in relazione al quale il sindaco di San Francisco racconta: “è fortemente richiesto, arricchisce il nostro terreno, ci fa risparmiare acqua, riduce il ricorso a pesticidi e fertilizzanti mentre fissa l’anidride carbonica sottraendola all’atmosfera; in più ci fa ottenere splendidi prodotti”. E il resto? Elettronica, mobili, biciclette tutto viene destinato al riuso. Anche artistico, naturalmente. Morale: quasi niente viene semplicemente buttato, in una metropoli da un milione di abitanti, la densità di popolazione più alta di tutto il paese e tre lingue parlate. Un processo che qui abbiamo descritto nel suo aspetto meramente gestionale, ma al quale certamente partecipano e contribuiscono anche i cittadini che differenziano e la politica e l’economia che hanno scommesso su questa strategia (con il sostegno pure del Wall Street Journal che nel 1993 consigliava ai lettori di non investire negli inceneritori prevedendone l’inarrestabile fallimento). A San Francisco anche i gabbiani partecipano allo smaltimento e sono vittime di questa “moda capricciosa”. Così ebbe a definirla il sindaco di New York Rudolph Giuliani. Poi ravvedutosi, dopo aver fatto due conti… Sapevate che San Francisco è la capitale mondiale del riciclaggio? E sapreste spiegare perchè nel nostro Paese solo realtà medio-piccole come Vedelago o Capannori riescono a praticare la politica dei “rifiuti zero”? Potremmo forse importare qualche gabbiano d’oltreoceano…
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