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Economia

Un modo diverso di essere sul mercato

Di 14/06/2010Marzo 15th, 2023No Comments

939805_65647353_optParlando di società cooperative lo sguardo si rivolge indietro, verso il diciannovesimo secolo, quando i pionieri di questo modo di essere soggetti economici costruirono il loro sogno in un contesto enormemente diverso da quello attuale. L’Italia non era ancora nemmeno un’entità politica unitaria quando, in piena Rivoluzione Industriale, un gruppo di tessitori spinti da una pesante crisi economica decise di costituire nella cittadina inglese di Rochdale il primo spaccio cooperativo con lo scopo di “migliorare la situazione economica dei soci”. Sulla spinte di queste innovative intenzioni mutualistiche nacque a Torino, nel 1854, la Società degli Operai, mentre due anni più tardi toccò all’Associazione artistico-vetraia di Altare.

Da quel momento il processo fu inarrestabile, tanto che alla fine del 1862 si potevano contare nel Regno d’Italia ben 443 società di mutuo soccorso delle quali 209 costituite tra il 1860 ed il 1862. Nella seconda metà del XIX secolo si giunse alle prime cooperative di consumo (con Francesco Viganò a Como e con Luigi Luzzatti a Milano), alla prima banca cooperativa a Lodi e, soprattutto, al primo congresso dei cooperatori italiani (a Milano nel 1886) che sancì la nascita della Federazione delle società cooperative italiane (denominata dal 1893 Lega Nazionale delle Cooperative). L’articolo 2511 del codice civile stabilisce oggi che le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico. Il vantaggio perseguito dai partecipanti ad una società cooperativa (soci) risiede in primo luogo nella realizzazione di rapporti di scambio (con la cooperativa) a condizioni più vantaggiose di quelle praticate sul mercato.

Sono passati secoli ma questi soggetti costituiscono ancora una parte importante del tessuto economico italiano ed europeo. Uno studio condotto qualche anno fa da Eurostat rivelava di un’importante incidenza delle società cooperative nel quadro generale dell’economia: la Svezia contava, una decina di anni fa, imprese di questo tipo per il 2,7% del totale, mentre la Danimarca occupava un 3% di addetti ed un 9% del fatturato totale nel mondo cooperativo. Le cooperative italiane presentavano, in questo studio, un peso non trascurabile, dal momento che a fronte di una media europea del 2-3%, in Italia circa il 4,7% del totale degli occupati risultava prestare la propria attività lavorativa in una cooperativa.

“Ci sarà una ragione per la quale celebriamo ogni anno il centenario di qualche coop – dice Ildo Cigarini, presidente di Legacoop Reggio Emilia -. Questa ragione è che l’impresa cooperativa è una forma di impresa non speculativa, che nasce da bisogni di lavoro e di utenza che la società esprime: il lavoro di oggi, nelle cooperative, serve per costruire il lavoro di domani.” A fine 2009 erano registrate 79.564 imprese cooperative attive per natura giuridica in Italia, di cui 5.224 solo in Emilia Romagna, con un trend di costante crescita su tutto il territorio nazionale (64.616 imprese nel 1998, 71.464 nel 2004). Questa tendenza alla crescita e all’estrema longevità, ci racconta Ivan Lusetti, Presidente del Gruppo Cir Food, è legata alla mission originaria: “La missione aziendale è quella di garantire e sviluppare occupazione, migliorando progressivamente la qualità dei servizi attraverso la formazione del personale e l’innovazione continua, il tutto  partendo  sempre dalla grande attenzione alle esigenze dei clienti. Il nostro lavoro è continuamente teso a garantire un futuro alla cooperativa, perché è il solo modo per rispettare la nostra missione.”

Un lavoro che si dirige verso la creazione di lavoro e, soprattutto, l’obbligo di mantenere all’interno dell’azienda il reddito generato, per aumentare il patrimonio indivisibile e per accumulare risorse che permettano di affrancarsi dal sistema creditizio e bancario. Così, in un momento difficile come quello che stanno ancora attraversando le imprese, in particolare quelle che faticano a ricevere credito per non affondare, le coop, grazie alle risorse interne accumulate, sembrano tenere: i primi dati del 2010 confermano cali del fatturato contenuti. è Ildo Cigarini che riassume la posizione delle cooperative in relazione con l’impresa privata: “la competitività l’abbiamo imparata dall’impresa privata, il coraggio di mantenere all’interno dell’impresa i capitali, che molti imprenditori del resto possiedono già, lo possiamo invece insegnare”.

La solidità del patrimonio indivisibile non si configura solo come un strategia economica: è parte di un sistema di valori che viene conservato negli anni e che si integra con un sistema etico unico nel suo genere. Di fronte agli attacchi più o meno recenti, attacchi che riguardano soprattutto le facilitazioni fiscali, i conflitti di interesse politico e quindi un certo opportunismo economico e finanziario, le cooperative devono rispondere con l’aderenza al codice etico tradizionale, quel sistema di valori che, 200 anni fa, generò le prime società di mutuo soccorso. Rosanna Bacci, presidente della cooperativa sociale “Il ginepro”, guida un gruppo che, nel suo lavoro con i disabili, non può dirsi certo a rischio di accuse di speculazione. Dalla sua prospettiva di cooperatrice sociale conferma che “anche nelle realtà più grandi, i valori fondanti della cooperazione sono rimasti intatti. In qualsiasi dimensione economica non è il fatturato che facilita la presenza di valori quali l’etica del lavoro, il riconoscimento della presenza della persona, o un modo diverso di affrontare il mercato”.

Questo “modo diverso di affrontare il mercato”, riconoscendo come obiettivo primario l’uomo e il suo lavoro si profila quindi come il valore distintivo di questi soggetti economici che, 170 anni dopo i primi pionieri, continua a prosperare. Senza dimenticare Rochdale e il suo piccolo spaccio cooperativo.