
In senso figurato, il termine fango si usa per definire uno stato di abiezione morale o disonore; secondo Luca Mercalli "quando asciuga è ottima terra per i pomodori".
di Federica Imbrogli/Elisa Predieri
Ha tenuto un migliaio di conferenze, in Italia e all’estero, compresi incontri su un ghiacciaio, in una stazione ferroviaria, in un carcere di massima sicurezza, in un ospedale, in una centrale elettrica, in una villa palladiana, in un mercato. E da oggi, alle note di Wikipedia su Luca Mercalli possiamo aggiungere: “in ostaggio all’interno di una Lancia Y” e “intervistato da un gruppo di ragazzi con meno di 14 anni”.
Il noto meteorologo di Che tempo che fa, atteso a Casina per una conferenza sul clima voluta dall’Assessore all’Ambiente, si presta alle nostre domande e a quelle dei giovani che lo attendono in collina. Il Luca Mercalli che abbiamo incontrato è stato molte cose. Sicuramente non ci ha lasciate indifferenti, né lascerà indifferenti i nostri lettori (ci auguriamo). Nel tragitto tra la stazione ferroviaria di Reggio Emilia e Casina lo sconforto di Mercalli, alla vista di un’infinita e deprimente serie di esempi di cementificazione incontrollata, è stato amaro e brutale esattamente come la vista di tanto scempio. Critico. Severo. Ma possibilista.
Ha notato dei cambiamenti negli ultimi anni? Abbiamo fatto passi avanti secondo lei in termini di ambientalismo, oppure no? “Se con ‘abbiamo’ intendi gli italiani, assolutamente no. Da questo punto di vista siamo dei gamberi, andiamo indietro invece di andare avanti e, la cosa peggiore, è che sembra non importare a nessuno: governanti e cittadini. Sui primi non nutro grandi aspettative. Per un semplice motivo: rappresentano pur sempre la media del popolo. Sono i cittadini che dovrebbero manifestare la voglia di cambiare abitudini e pretendere delle intenzioni di programmaticità sui temi dell’ecologia e del risparmio energetico. Ai governi illuminati non ci credo. Solo ai popoli possiamo attribuire questa virtù. Ma non è certo il caso nostro. Purtroppo siamo preda di un’involuzione. Mi convinco sempre di più che, anche nei momenti difficili (come quello che stiamo attraversando) l’Italia riesce comunque a dare il peggio di sè, su tutti i fronti”.
Cos’è che ci rende così distanti dalla coscienza ecologica dei cugini di Francia, Germania, Svezia, Norvegia, etc? “Tendere verso l’alto, si sa, è difficile. Dal dopoguerra ci siamo ‘prostituiti’ – passatemi il termine – per lusso, potere e consumismo. Le logiche commerciali hanno fatto leva sui difetti atavici del popolo italiano, potendo più dei valori e della cultura, pur cari a molti di noi. Mi si darà ragione se dico che abbiamo perso il contatto con il territorio. Non solo si è smesso di apprezzare i tesori di cui disponiamo (e per i quali ci vengono a trovare da ogni angolo della mondo), ma non lo conosciamo più, il territorio. E non mi riferisco solo al laziale che non sa dove e cosa siano le terre matildiche. Parlo del cittadino reggiano che non conosce le pievi e i piccoli comuni montani del proprio territorio. Da cosa credete siano attratti i turisti stranieri? Tranquillità, storia, aria pura, paesaggi inconfondibili. L’Italia non è solo un buon ristorante in cui riempirsi la pancia. Un inglese ci abiterebbe volentieri sull’Appennino reggiano o modenese. Noi!?”.
Fino a qui la Lancia Y. Poi la palla passa ai ragazzi delle scuole secondarie di primo grado di Casina, che mettono Mercalli sulla carreggiata della climatologia, sollecitando con domande intelligenti (e impertinenti…) il suo ambientalismo, come dire,… D’avanguardia. Mercalli pazientemente spiega l’effetto dei gas serra illustrando dati e grafici a sostegno della tesi del riscaldamento globale, che per lo più hanno a che fare con i ghiacciai: ghiacciai che si restringono (“gli Svizzeri hanno emesso un francobollo tematico”) e restituiscono mummie di 5400 anni fa (“Ötzi è stato ritrovato perfettamente conservato in Val Senales”), ma anche ghiacciai che carotati ci consentono di studiare l’evoluzione storica della composizione dell’atmosfera (“le quantità di CO2 emesse a partire dalla rivoluzione industriale non hanno precedenti in 800 mila anni di storia”).
Fatti quindi… ma cosa ne pensa Mercalli di coloro che sollevano dubbi su questi fatti? “Penso che dubbi sulla scienza esisteranno sempre, ed è giusto metterli in luce, ma qui si tratta di chi nega l’evidenza. Vorrei che qualcuno ora mi dicesse quali moventi potrei avere per mentire…”. Dal pubblico si alza un’ipotesi (“potrebbe avere interessi in un’azienda che si occupa di fotovoltaico”) e pronta arriva la risposta: “Sarebbe un modo poco accorto e piuttosto arzigogolato di investire i miei capitali, quello che dipende dal convincimento dell’intera comunità mondiale della validità di una teoria scientifica… Avrei piuttosto comprato azioni petrolifere!”.
Insomma, il nostro pianeta ci sta dando un aut-aut? “La Terra non ha bisogno dell’uomo. Di cambiamenti climatici il nostro pianeta ne ha vissuti tanti e si è sempre adeguato e riorganizzato di conseguenza. Forse quello che non è chiaro è che a subire dei danni irreparabili non è la Terra, bensì la specie umana. Stiamo giocando ad un gioco pericoloso: quello del peggioramento irreversibile della qualità delle nostre vite”.
Ecco l’ambientalismo di Mercalli, che non ha nulla di romantico, soprattutto quando afferra la bottiglietta di acqua sul tavolo e chiede: “Ma voi a Casina l’acqua non l’avete!? Dovete andare a prenderla in Umbria?”. E alle molteplici buone azioni di inquinamento quotidiano, fanno pendant le grandi opere annunciate dal Governo, alle quali secondo lui andrebbero sostituite “piccole opere diffuse”. Che significa? “Significa che invece di comprarci un SUV nuovo o di fare il ponte sullo Stretto dovremmo investire ad esempio in una cisterna per raccogliere acqua piovana in ogni abitazione, nel rendere le case energicamente efficienti o autosufficienti, nel praticare la filosofia dell’usa e ri-usa”.
Quindi, che futuro ci aspetta? “Se continueremo di questo passo ad incrementare le emissioni di CO2 e le quantità di rifiuti, nel 2100 sulla Terra avremo di media 4°C in più, mentre se applicheremo Kyoto e Copenaghen, questo innalzamento si ridurrà a 2°C”. Il processo è innescato: non possiamo tornare indietro, ma certo possiamo rallentare. Con un’accortezza (che è anche una morale della favola, per chi ne avesse bisogno): “Abbiamo poco tempo davanti a noi, usiamolo con cura perchè i modelli potrebbero essere sbagliati per eccesso, certo. Ma anche per difetto”.