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Prospettive, pronostici e progetti sulla sostenibilità. Abbiamo posto qualche domanda ad alcuni dei relatori che giovedì 20 ottobre si sono avvicendati al Tecnopolo di Reggio Emilia per il convegno Green Marketing: essere o comunicare?, in cui diversi esperti hanno esposto le ragioni per cui il marketing e la comunicazione non sono esonerati dalla sfida della salvaguardia del pianeta, ma anzi devono essere lo strumento vincente da affiancare al progetto di sostenibilità che ogni impresa deve portare avanti. Ma naturalmente hanno spiegato anche le ragioni della ricerca della sostenibilità, come elemento portante di ogni progetto di programmazione aziendale futura.

FABIO PAPA
Docente di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Macerata

“La sostenibilità è oggi una scelta obbligata per permettersi di garantire un futuro alle aziende?”
Da un punto di vista meramente teorico, è chiaro che la sostenibilità rappresenta una scelta obbligata per garantire il futuro di ogni azienda. Ma, come sappiamo bene, anche nel mondo delle imprese la teoria è molto lontana dalla pratica. Infatti, sebbene si professi l’enorme importanza della sostenibilità, in realtà in questo momento su 4,5 milioni di imprese italiane almeno il 95% non è sostenibile sulle tre variabili-chiave del paradigma Esg.
Come mai avviene tutto ciò? La causa non è solo legata al delicato momento storico che stiamo vivendo, fatto da mercati volatili e da costi energetici insostenibili. La vera causa è ben più profonda. E affonda le proprie radici in una impreparazione di natura culturale alla gestione aziendale, che porta soprattutto i vertici aziendali a non capire che senza un approccio realmente sostenibile al business, nessuna impresa potrà prosperare nel lungo periodo. Questa impreparazione è testimoniata da dati disarmanti come, ad esempio, il fatto che in Italia solo 62 persone su 100 sono in possesso di un diploma o, ancora, che solo 16 persone su 100 hanno conseguito una laurea. Sebbene i titoli di studio non rappresentino affatto un certificato di qualità delle scelte manageriali, è certamente vero che senza una sensibilità ed uno studio approfondito delle dinamiche della sostenibilità è pressoché impossibile disegnare traiettorie gestionali in grado di soddisfare il paradigma Esg.
In definitiva, credo che si debba in primis ammettere che serve una formazione di base su come effettuare scelte sostenibili. E sul reale impatto – anche di business – che la sostenibilità potrà avere sulle imprese. Solo partendo da un approccio concreto al problema potremo finalmente abbattere il dualismo tra opportunismo imprenditoriale e sostenibilità di medio-lungo periodo. Ma siamo davvero pronti a questa transizione socio-culturale?

ROMANO UGOLINI
Co-founder Ambiente & Salute

“La sostenibilità è un investimento che le aziende in questo momento storico possono permettersi? O è una questione strutturale da cui non si può più prescindere?”
Occupandomi di sostenibilità da oltre venti anni cercherò di rispondere portando alcuni esempi pratici. A mio avviso investire nella sostenibilità è una scelta quasi obbligata, proprio per permetterci di garantire
un futuro alle aziende, o perlomeno di aumentare la percentuale di farcela, viste le difficoltà di questo particolare momento storico. Per un’azienda produttiva essere sostenibili significa investire in efficientamento energetico perché la miglior energia è quella che non si consuma (risparmiandola, appunto) oppure integrare negli stabilimenti produttivi le energie rinnovabili (solare termico, fotovoltaico, trigenerazione o altre fonti di energia pulita a seconda dei luoghi in cui si trova l’azienda). Altro esempio è ragionare in termini di efficienza ed efficacia, per eliminare sprechi o scarti, se siamo poco efficienti saremo anche poco sostenibili. Le aziende più redditizie sono quelle che hanno una migliore efficienza, e sicuramente i loro processi gestionali interni sono passati anche da analisi di sostenibilità. Oppure per un’azienda di servizi capire come possono abbracciare percorsi di sostenibilità per poter poi comunicare ai propri stakeholders e clienti il loro essere sostenibili. È ormai di comune conoscenza il fatto che un consumatore a parità di servizi, prediliga l’azienda che dimostri di essere sostenibile o comunque che abbia iniziato un percorso verificabile di sostenibilità.

“Verrà presto presentato da Ambiente & Salute e Kaiti expansion il progetto Impresa Green, una nuova realtà al servizio della sostenibilità ambientale e della sua comunicazione al mercato? Quali sono gli obiettivi che vi siete fissati e cosa più specificatamente offrirete alle aziende?”
Il progetto Impresa Green vuole essere un servizio di affiancamento alle aziende per avviarle ed accompagnarle al percorso di apprendimento sul vasto mondo della sostenibilità. Ho usato la definizione di percorso di apprendimento ma avrei potuto parlare di percorso di formazione o di consapevolezza. Dico questo perché abbiamo riscontrato che tantissime aziende, anche di medie dimensioni, non hanno ben chiaro le potenzialità della sostenibilità. Questa lacuna è facilmente colmabile grazie ai servizi di Impresa Green, partendo dalla formazione e proseguendo in affiancamento ai reparti di marketing e comunicazione.
Gli obiettivi possono variare da azienda ad azienda, dipenderà da quanto tempo queste potranno dedicare al team di Impresa Green e quali obiettivi si vogliano raggiungere. Certamente tutte le aziende desiderano aumentare il fatturato, oppure migliorare i margini di guadagno, oppure accrescere immagine e reputazione del proprio brand. Tutti questi obiettivi possono essere raggiunti, a patto che al nostro fianco ci sia un consulente con una profonda conoscenza dei temi legati alla sostenibilità anche per evitare spiacevoli situazioni tipo il fenomeno del greenwashing che può diventare per l’azienda un vero e proprio boomerang, incidendo negativamente sulla reputazione del brand.

FRANCESCO BROMO
Digital Strategist di Kaiti expansion

Perché comunicare la sostenibilità?
Quello della sostenibilità ambientale (e non solo) è un tema molto sentito in questo momento, acuito da uno scenario internazionale nel quale le persone e gli Stati si trovano a dover affrontare una crisi energetica cercando nuove fonti di approvvigionamento senza di fatto avere grosse alternative a quelle tradizionali ed inquinanti.
Il trend è stato colto anche dal marketing e dalla comunicazione. Fateci caso: quanti spot che ascoltate in radio mentre andate a lavoro o che guardate in tv la sera a casa fanno leva sulla sostenibilità?
Utilizzare questo tema per soli fini commerciali, però, rischia di tradursi in greenwashing, ovvero la pratica scorretta di attribuirsi comportamenti sostenibili non comprovati dai fatti.
Il vero green marketing, invece, è quello che incide positivamente sulla reputazione aziendale e in questo senso è un asset strategico dell’impresa: i risultati di bilancio arriveranno, ma sono la conseguenza, non lo scopo della comunicazione sostenibile.

Come comunicare la sostenibilità?
Tutti i mezzi si prestano a questo tipo di comunicazione naturalmente, ma come detto la sostenibilità riguarda la reputazione che ha a che fare con la fiducia che le persone attribuiscono a un brand. Reputazione e fiducia dimorano nel regno delle relazioni e quali sono i canali d’elezione per la costruzione di relazioni tra persone e aziende? Le piattaforme digitali in generale e i social nello specifico che hanno un grande capacità di aggregazione (e polarizzazione) all’origine delle tante community che si sono formate nel tempo intorno proprio a questi temi e alle aziende che ne hanno fatto un vessillo. Il digital, poi, ha almeno altri due vantaggi: creatività e misurabilità.
Per quanto riguarda la prima, i contenuti possono assumere mille forme diverse (immagini, video, slideshow, podcast, blog, streaming, etc.) e giocare su mille temi differenti (basti solo pensare al numero di Giornate Mondiali legate all’ambiente). Per quanto riguarda la misurabilità, invece, sappiamo bene che la granularità del dato fornito dagli strumenti di comunicazione digitale consente di attribuire un peso specifico anche a concetti apparentemente astratti come awareness e reputation.

di Enrico Finocchiaro