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Viviamo da tempo un tempo sospeso. Tempo che pare abbia perduto ogni direzione. Il suo possibile, anche se di fatto inafferrabile, senso. Ci muoviamo a tentoni, sperando di trovare un qualche interruttore che riaccenda la luce e ci porti a vedere, o meglio a immaginare di nuovo. In questo cammino esiste un porto sicuro. Un porto che mi porto sempre dietro. Si chiama poesia. E consente di rinascere ogni giorno, nonostante. Ecco tre libri meravigliosi di poesie, direzioni che nascono proprio dal senso perduto, da una metasemantica che è ricerca e invenzione di lingue, suoni e grammatica come quella del capolavoro di Fosco Maraini, Gnosi delle fanfole (La nave di Teseo): dal Lonfo agli Arconti dell’Urazio, passando per i giorni a urlapicchio a mettersi in ascolto di frinfere cicale e formiche ammucchiarone. Ci spostiamo tra zanzare di Zanzibar, una carpa che ama l’arpa e un topo senza scopo: piccoli animali dell’universo domestico e fantastico di Toti Scialoja nei suoi Versi del senso perso (Einaudi). Ultimo approdo le rime chiare di Pierluigi Cappello in Ogni goccia balla il tango (Rizzoli), dove le parole si rispecchiano nelle delicate illustrazioni di Pia Valentinsi, a raccontare di rondini ciclisti nel cielo d’asfalto, orchestre silenziose di fiocchi di neve, lucciole come fiamme che si travestono da stelle: lo stupore del mondo che risuona in un mondo di stupore.