Skip to main content

Ci sono autori che passano quasi inosservati. Vivono appartati da qualche parte, soprattutto in silenzio. Parlano poco e scrivono poco. Nelle loro pagine abita però una voce profonda che annuncia cose quasi inudibili, quasi ineffabili. È il caso di Christian Bobin, scrittore e poeta francese lontano da ogni circo mediatico, che da sempre sa unire il sussurro della vita vissuta con l’apertura su altri mondi, attraverso un continuo e purissimo lavoro di cesello sulla sacralità della parola, a togliere e scolpire, lasciando intravedere forme, volti, speranze. Ecco quindi la proposta di lettura di tre suoi libri sottili, delizie che durano il tempo minimo di un Kronos (massimo un’ora? Forse appena di più), che lascia spazio inatteso alla dimensione del Kairòs: il momento opportuno dove si mostra il senso profondo dell’essere e del vivere. L’equilibrista (Servitium) è la storia di un incontro esile come un filo, tra due solitudini che si cercano e si aprono alla bellezza di parole nuove, come la primavera. Presenze (Perosini) è invece il racconto degli ultimi mesi passati accanto al padre, malato d’Alzheimer, nella contemplazione del suo volto e dell’immagine di un albero, dall’autunno alla prima neve, quella che culla un segreto. Infine il capolavoro L’uomo che cammina (Qiqaion) ripercorre la vita di Cristo: “quel folle che pensa si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte.”