“La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. In questo verso del poeta greco Archiloco sono racchiusi 2.700 anni di storia della filosofia, in sostanza le due diverse modalità secondo le quali gli esseri umani si pongono nei confronti del mondo.
Dobbiamo la riscoperta della massima di Archiloco ad Isaiah Berlin, che intitolò proprio Il riccio e la volpe un suo celebre saggio che divide in ricci e volpi filosofi e poeti, mistici e scienziati, rivoluzionari e tiranni.
Il riccio è colui che ritiene di avere individuato una causa prima, una legge fondamentale grazie alla quale è possibile interpretare l’universo e stabilire la nostra collocazione nella società. Le volpi invece approcciano le cose osservandole in modo analitico, valorizzano le differenze, e decidono caso per caso l’atteggiamento da tenere sulle questioni da affrontare.
Marx, Gesù Cristo, Platone, Hegel, Maometto sono ricci. Socrate, Aristotele, Vico, Herder, Machiavelli, Herzen sono volpi. Molti di noi sono ricci. Non resistiamo alla tentazione di trovare risposte semplificatorie alle grandi questioni della vita, anche perchè il percorso alternativo, quello che fa leva sul nostro senso di responsabilità, quello che ci costringe a scegliere volta per volta, è molto più complicato e ci impone in ogni situazione e in ogni momento un compagno di viaggio scomodo, il dubbio.
Le volpi camminano invece su un terreno scivoloso, sempre al confine con lo scetticismo, il cinismo e il relativismo. Ma secondo Berlin solo così si può dare piena cittadinanza al plularismo delle idee. Perchè il punto è proprio questo: gli ideali, ad esempio la giustizia o la libertà sono ugualmente degni ma spesso inconciliabili.
Diffidate dunque dei ricci, che vediamo continuamente all’opera sugli scenari globali e locali: le loro soluzioni sono sempre più affascinanti di quelle suggerite dalle volpi, ma prima o poi è assai probabile che vi portino a sbattere contro un muro.