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StartupCambiare ottica mettendo in gioco creatività e intraprendenza: una ricetta fondamentale in tempi di crisi. E le startup rappresentano un mix di originalità, determinazione, innovazione, volontà di provare, energia giovane e talento. Ma oltre a tutto questo sono comunque necessarie risorse e politiche di sostegno. Fortunatamente, la sensibilità delle istituzioni sta crescendo. In particolare, la legge approvata nel 2012 sulle imprese innovative offre diversi vantaggi, come l’abbattimento delle imposte per registrare l’azienda, una disciplina delle assunzioni più flessibile, la possibilità di ricorrere ai finanziamenti collettivi del crowdfunding, l’accesso al Fondo centrale di garanzia sui crediti bancari e il sostegno all’internazionalizzazione.
In Emilia Romagna un’attività di sostegno alle startup arriva da Aster, un consorzio tra Regione, Università, enti pubblici di ricerca (Cnr, Enea) e il sistema regionale delle Camere di commercio, con la partnership delle associazioni imprenditoriali. Ma non solo: si è appena concluso il programma da 383 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-13 per avvicinare la nostra Regione agli obiettivi di Lisbona e Göteborg su sviluppo sostenibile, creazione della società della conoscenza e crescita della spesa in ricerca e sviluppo.

Le possibilità non mancano

Le opportunità di iniziare un’impresa, dunque, ci sono. Ma da dove cominciare? Lo abbiamo chiesto a Sara Monesi, che ad Aster si occupa di business creation. «Sono molti i soggetti sul territorio che offrono sostegno alle startup – spiega – A fronte di questa enorme offerta, la Regione ha voluto il portale Emiliaromagnastartup.it, ideato e gestito da Aster, con alcune sezioni fondamentali: Rete, che orienta rispetto a tutti i soggetti che offrono supporto alle startup; Bandi, che illustra gli annunci disponibili; Mappa di orientamento, che spiega quali servizi offriamo. Attraverso il servizio InfoDesk, poi, è possibile richiedere un appuntamento con i nostri consulenti».
È proprio da questo sportello che di solito un imprenditore inizia la propria ricerca, a meno che la sua startup non sia supportata da un incubatore, ovvero un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione dell’azienda fornendo diversi servizi di supporto.
«Gli incubatori – continua la responsabile Aster – sostengono le startup a tutto tondo. E non esiste un unico modello di supporto: ogni caso e ogni progetto vengono valutati singolarmente. Ciascun incubatore offre servizi diversi, ma le startup si possono orientare anche all’interno del mondo delle associazioni, dei liberi professionisti e delle società di consulenza che lavorano sul mercato».

Sara Monesi, responsabile business creation di Aster

Sara Monesi, responsabile business creation di Aster

Avviare un’impresa in Italia non è poi così complicato. Anzi, grazie alla nuova legge sulle startup innovative, il nostro si pone tra i Paesi con la normativa migliore. «Ci sono ancora passi da fare – spiega Sara Monesi – ma molto c’è già. Un gruppo imprenditoriale che si è rivolto all’InfoDesk il 24 marzo di quest’anno ha presentato una domanda per un finanziamento già una settimana dopo, e ai primi di giugno ha avuto conferma di aver ottenuto uno stanziamento, di circa 100mila euro. È stato qui, nella nostra regione. Non male, no?».
Le possibilità di successo di una startup dipendono ovviamente dall’idea al centro del progetto imprenditoriale. «Se i prodotti interessano il mercato – precisa Monesi – chi finanzia vorrà condividere il rischio d’impresa. Se il prodotto non convince, tutto sarà più faticoso. E forse è giusto che sia così. Devono essere sostenute le idee buone e realmente innovative, altrimenti è uno spreco di tempo e di risorse per tutti, compresi gli imprenditori».

Condividere per crescere
Se il prodotto riesce a stare sul mercato, il merito è anche delle tecniche di marketing che, nel caso delle startup, conoscono un processo di innovazione senza sosta: non a caso si parla di growth hacking. Secondo Sean Ellis, che per primo ha usato questo termine, una startup deve irrompere sul mercato attraverso canali diversi da quelli tradizionali, utilizzando social media e viral marketing: tutte operazioni a basso costo.
Meno di un anno fa a Reggio Emilia è nata Hurricane Start, definita dai fondatori come meet up per startupper. «Volevamo riunire – spiega Alberto Di Lorenzo – chi ha idee innovative, chi supporta la loro crescita e semplici curiosi in un ambiente informale, perché tutti potessero condividere le proprie esperienze. La prima sera eravamo in quattro, all’ultimo (e quinto) incontro circa 400».

Alberto Di Lorenzo, uno dei fondatori di Hurricane Start


Alberto Di Lorenzo, uno dei fondatori di Hurricane Start

Secondo Di Lorenzo la condivisione delle idee e delle esperienze può essere parte del growth hacking. «Una lezione imparata sulla propria pelle, per buona o cattiva che sia – precisa – ha più valore se condivisa. Picasso diceva che i mediocri inventano e i geni copiano. Ecco, senza volerlo scomodare, la pensiamo un po’ cosi anche noi. Crediamo che se qualcosa funziona possiamo provare a mettere in pratica gli stessi schemi, adattandoli. Se l’idea continua a funzionare, è fatta! Ovvio, non è sempre facile. Ma pensate a una comunità in cui si mettono in comune le esperienze: c’è un potenziale maggiore rispetto a un sognatore chiuso nella propria cameretta. Noi chiediamo a chi partecipa di raccontare una storia, di condividerla con gli altri. Da tutti questi tasselli nasce un mosaico: chi ha necessità simili si incontra e si confronta; chi ha domande a cui qualcuno ha già risposto trova una sorta di fratello maggiore. Nascono nuove collaborazioni: è un processo libero, e funziona».

La costante nella promozione delle startup è l’abbattimento dei costi. «Il budget limitato destinato al marketing e la necessità di prototipare a stretto contatto con gli utilizzatori finali sono due costanti per le idee agli inizi. Va da sé che interviste dirette, presidio dei blog di settore, uso delle tecniche di Seo e utilizzo attivo dei social media sono caratteristiche comuni perché fortemente indirizzate al cliente e con un costo accettabile; fiere, inaugurazioni e pubblicità tradizionali sui media rimangono invece appannaggio di imprese già consolidate».
L’innovazione sfocia nel marketing, dunque: una lezione utile anche per le imprese tradizionali, perché la crescita a basso costo è sempre interessante. «Lo sviluppo di ipotesi o prototipi sulla base delle esigenze dell’utilizzatore finale e il continuo test del valore percepito sono la norma per una startup – conclude Di Lorenzo – Questo approccio spartano, ottenuto su un campione di clientela e misurato oggettivamente, non lascia spazio all’autocompiacimento e costringe a guardare a un concreto risultato finale. Sebbene una realtà consolidata sia infinitamente più complessa, un approccio non ortodosso potrebbe essere uno spunto in più anche per un’impresa tradizionale. Sapete quanti like avete ricevuto su Facebook nell’ultimo mese? Quante lamentele all’ufficio clienti? Quanti tweet hanno il vostro nome? Quanti blog di settore parlano di voi? E soprattutto, avete un piano per influenzare questi numeri il mese prossimo? Anche questi sono indicatori da cui ricavare informazioni preziose».

Partire dai dettagli è sempre una buona lezione.