di Francesca Fazio
Lo stage: esperienza quotidiana per molti giovani, bersaglio del Legislatore e riempi-buchi mediatico, eppure ancora così sconosciuto nei suoi contenuti ed effetti reali. Per riempire il vuoto di informazione (prima di tutto statistica e di monitoraggio) e ultimare dati alla mano il “quadro di qualità per i tirocini a livello europeo”, la Commissione ha commissionato un sondaggio su quasi 13mila giovani europei (Commissione Europea, The experience of traineeships in the EU, Flash Eurobarometer n. 378, Novembre 2013). Il quadro che emerge sfata qualche luogo comune e mostra ancora una volta la peculiarità del caso italiano, con degenerazioni e abusi che non sempre si trovano negli altri Paesi (1).
È vero che la maggior parte dei giovani effettua uno stage dietro l’altro, in una sequenza senza fine, e per lo più al di fuori del percorso di studi? In Italia, forse sì. Ma non è sempre così in Europa. Sei giovani su dieci dichiarano di aver effettuato almeno due tirocini e una quota non trascurabile (un quinto) ne ha svolti oltre tre. La maggioranza (63%) afferma però di avere effettuato il tirocinio durante gli studi, mentre solo un terzo dopo.Stage infiniti che durano mesi e mesi? Semmai il contrario. La maggior parte degli stage dura fino a tre mesi e solo il 15% supera i sei mesi di durata, mentre quasi un terzo dura meno di un mese.
Deregolamentazione e assenza di tutele? In parte. Manca un accordo o contratto scritto tra le parti in quasi il 40% dei casi e un terzo dei tirocinanti non riceve o non sa di ricevere una qualche forma di assicurazione.
Stagisti non pagati? Sfruttamento o professionalizzazione? In parte, ma la retribuzione non è tutto. La maggior parte dei reviews of quantum volume pills tirocinanti dichiara di non ricevere alcun compenso (59%), mentre il 40% è pagato. La grande maggioranza degli stagisti intervistati indica poi di aver svolto mansioni analoghe a quelle dei dipendenti nell’azienda ospitante, compresi gli orari di lavoro. Non è realistico intendere tutto questo come sfruttamento puro perché la quasi totalità degli stagisti dichiara di avere avuto la disponibilità di un tutor o mentore (91%) e di avere tratto un ritorno dall’esperienza in termini di accresciuta professionalità (89%). Tre quarti di loro è fiducioso poi sul fatto che lo stage gli sarà d’aiuto per trovare un lavoro, anche se solo in meno di un terzo dei casi è avvenuta la conversione diretta da tirocinio a contratto.
Certificazione delle competenze? In parte: il sistema di certificazione delle competenze appare ancora molto lacunoso. Oltre un terzo degli stagisti non riceve alcuna certificazione o lettera di referenza sulla esperienza effettuata.
Dallo studio emerge, infine, il fallimento delle politiche per la mobilità giovanile all’interno del mercato del lavoro europeo, se si tiene conto del fatto che meno di un tirocinante su dieci tra quelli intervistati ha svolto il suo stage in un altro paese, e nella maggior parte dei casi non a causa della mancanza di risorse finanziarie, ma perché non interessati. I pochi che hanno svolto un tirocinio all’estero, però, ne risultano molto soddisfatti e avranno probabilmente più chance nel mercato del lavoro, avendo migliorato le proprie competenze linguistiche (in otto casi su dieci) e lo spirito di adattabilità (in sette casi su dieci sono disponibili a lavorare e vivere all’estero).
(1) Free E-Book ADAPT, La regolazione dei tirocini formativi in Italia dopo la legge Fornero. L’attuazione a livello regionale delle Linee-guida 24 gennaio 2013: mappatura e primo bilancio, Ottobre 2013.