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Due sono le parole chiave: prevenzione e repressione, perché l’una senza l’altra non funziona. Lo dicono le statistiche. Secondo le ultime stime di Aci e Istat, nel 2011 l’Italia ha pianto 3.800 vittime della strada. Sempre troppe. Ma l’anno prima erano state 4.090, nel 2007 5.131. Eravamo la vergogna d’Europa per numero di decessi. Ora non più. Nel 2011 ci sono state più vittime in Francia, con 3.963 morti, circa 160 più degli italiani.

Alcol, droga, disattenzione, velocità, stanchezza, condizioni meteo e dell’asfalto: le cause degli incidenti stradali sono molteplici. Ecco perché un pubblico informato e attento sviluppa un maggior senso di responsabilità anche nei confronti degli altri. I risultati ottenuti fin qui bastano per per sentirsi soddisfatti? Ovviamente no. La prevenzione è una macchina che non può essere fermata, perché le generazioni si susseguono e non è così facile intercettarle. Sbaglia chi pensa che le stragi del sabato sera siano un problema tutto giovanile. Bevono molto di più gli adulti: in Italia il 75,7% dei conducenti morti sulle strade ha più di 30 anni. In generale i giovani sono più attenti e più informati, merito di campagne di informazione mirate nelle scuole di ogni ordine e grado e all’esterno dei locali, siano pub, discoteche o altri luoghi di aggregazione. Sanno che il conto da pagare è salato e si organizzano. Chi guida in genere non beve. Gli altri amici pure troppo (e questo apre un nuovo fronte di problemi legato all’etilismo giovanile), ma almeno hanno qualcuno che li porti a casa. Intercettare gli adulti invece è più difficile, sono meno disposti ad ascoltare, sopravvalutano le proprie capacità anche dopo aver alzato il gomito e sottovalutano i pericoli della strada. Nessuno si senta offeso, lo confermano le statistiche e le confidenze di operatori delle forze dell’ordine con anni di servizio alle spalle. Prevenire e reprimere comportamenti non virtuosi aiuta anche ad alleggerire il costo sociale che un incidente porta con sé quando lascia invalidità permanenti: famiglie stravolte dal dolore si trovano a dover affrontare spese ingenti, da sole o con l’aiuto delle istituzioni. C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare, quello psicologico: il lutto nel tempo viene elaborato e superato, seppur dolorosamente; all’incidente che pregiudica le normali aspettative di vita invece bisogna sopravvivere, ed è molto più difficile non solo per la vittima del sinistro, ma anche per chi le vive accanto.

L’Emilia è una terra dove si è fatto tanto per combattere le stragi del sabato sera. A Reggio, ad esempio, dal 2007 ad oggi la polizia stradale – oggi guidata dal vicequestore aggiunto Antonio Colantuono – ha messo in campo una miriade di iniziative con progetti che hanno coinvolto discoteche, scuole, istuzioni e centri sociali. Salva patenti, No alcol on the road, Icaro, Maggio in strada sono i nomi di alcuni dei progetti portati avanti negli ultimi anni. Non solo multe, verbali e patenti ritirate quindi, ma tanta informazione e prevenzione. Guai a fermare la ruota, si rischierebbe di saltare una generazione con danni enormi per tutti. Gli agenti vanno in classe e i più piccoli possono anche visitare la caserma Palatucci di viale Timavo (anche due classi a settimana con la bella stagione). A tutti vengono illustrati i pericoli che la strada nasconde e ai più grandi vengono mostrati filmati anche molto crudi per svilupparne il senso di responsabiità.

A Reggio Emilia la formula informazione-prevenzione-repressione ha funzionato talmente bene che negli anni sono aumentati i controlli sulle strade, ma sono diminuiti i verbali e il numero di patenti ritirate. L’automobilista – soprattutto se giovane – è consapevole dei rischi e sta più attento. La polstrada reggiana concluse il 2008 con 2.524 servizi complessivi, saliti progressimante a 3.266 nel 2012 (al 30 novembre). E i verbali? In calo: 39.653 nel 2010, record dell’ultimo quinquiennio, contro i 30.634 dello scorso anno per un totale di 3,6 milioni di euro portati nelle casse dello Stato. Stesso trend per le patenti ritirate per guida in stato d’ebbrezza (669 nel 2008, 359 nel 2012). Tutto con appena nove pattuglie a disposizione, cinque delle quali vincolate al servizio in autostrada, contro le venti del 2004.
Organizzare di notte banchetti informativi e allestire tensostrutture fuori dai locali per informare i giovani e i meno giovani dei rischi che corrono mettendosi al volante dopo aver bevuto, offrire loro la possibilità di sottoporsi all’etilometro per valutare le loro condizioni e, nel caso, garantire l’assistenza sanitaria grazie alla collaborazione con la Croce Rossa, funziona. E per i più restii a capire, dopo i volantini sventolano le palette e l’etilometro non è più una prova, ma un esame che bastona chi sgarra. La soddisfazione più grande per gli agenti è ricevere il grazie dei genitori che nel cuore della notte corrono a prendere il figlio cui è appena stata ritirata la patente. «Preferiscono pagare multe salate, magari anche perdere l’auto in un incidente, ma riportare a casa il figlio sano e salvo piuttosto che ricevere la nostra visita qualche ora dopo per ricevere notizie tragiche», confida chi con la divisa passa fuori parecchie notti. Divertitevi, ma in modo intelligente.
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