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In origine fu la pascalina, la prima rudimentale calcolatrice automatica capace di fare addizioni e sottrazioni inventata da Blaise Pascal nel XVII secolo. Oggi, l’Intelligenza Artificiale (I.A.) è giunta allo stesso livello di un bambino di 4 anni. I ricercatori dell’Università dell’Illinois di Chicago e del Massachusetts Institute of Technology hanno infatti progettato un prototipo tecnologico chiamato Concept4, un dispositivo di I.A. con la capacità di ragionamento autonomo pari a quella di un bambino in età da scuola dell’infanzia. I test su questo prototipo hanno messo in risalto buoni risultati sulla capacità di utilizzo e riconoscimento del vocabolario e sulle somiglianze, ma notevoli difficoltà a rispondere a domande con il perché, delimitando notevoli impacci in procedimenti intellettivi ovvi per noi umani adulti. I margini di sviluppo però sono molti, potenzialmente illimitati.

Il grande scrittore e scienziato Isaac Asimov enunciò in uno dei suoi primi romanzi di fantascienza le tre leggi della robotica, a cui ogni automa costruito dall’uomo doveva obbligatoriamente attenersi: la prima e la principale legge proibisce al robot di recare danno all’essere umano. Oggi però l’I. A. non sembra sottostare a regole o codici che non siano il semplice volere dell’umano che la controlla. Pensiamo ad esempio ai droni, i dispositivi volanti senza pilota che possono essere impiegati per localizzare i sopravvissuti di una zona terremotata o mappare luoghi impervi, ma sono più famosi per il loro efficiente impiego militare, in cui sono capaci di uccidere qualsiasi bersaglio. L’Intelligenza Artificiale oggi viene usata nei più svariati impieghi, persino per eluderne una più obsoleta. è infatti recente la creazione di un computer in grado di risolvere i captcha, la protezione pensata per discriminare sul web tra macchine ed esseri umani, a volte così difficile da decodificare da mandare in crisi anche gli uomini. E la potenza di calcolo dell’I.A. può essere abnorme. Due informatici delle università di Berlino e di Vienna, con un semplice MacBook sono riusciti formulare la prova matematica dell’esistenza di Dio basandosi sul celebre teorema enunciato nel 1941 dall’austriaco Kurt Godel. Ovviamente non si tratta di una vera scoperta teologica, ma un grande passo in avanti dello sviluppo dell’I.A. attraverso la dimostrazione di tutti i passaggi logici del teorema, che era rimasto in precedenza inaccessibile ai procedimenti matematici umani.

Sembra un periodo d’oro per lo sviluppo dell’I.A. e lo conferma anche il professor Roberto Serra, del dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia. «Anni fa l’intelligenza artificiale era una cosa esotica, adesso è dappertutto nella nostra quotidianità: dai motori di ricerca alle lavatrici – spiega Serra – Il settore ha attraversato un periodo di riflusso negli anni 90, quando la ricerca sull’I.A. si dava per morta a causa dell’overselling di soluzioni che promettevano miracoli can i buy vigrx plus at a store senza mantenere le promesse. Le aziende che hanno retto a questo momento di crisi e hanno continuato a insistere su un’efficace ricerca adesso stanno raccogliendo ricchi frutti». Il trend ci offre un settore in piena espansione: «L’Italia ha una comunità scientifica tra le più attive in questo ambito – aggiunge Serra – molti settori tecnologici traggono benefici dai progressi delle A.I. soprattutto quelli dove è necessaria l’elaborazione di una grande mole di dati, come la biologia genomica».

Il futuro dell’Intelligenza Artificiale è una sfida tecnologica che potrà presto diventare anche etica, per i dilemmi e le scelte che l’umanità potrebbe trovarsi ad affrontare. Immaginare questo futuro non è solo un esercizio di fantasia fantascientifica, ma si basa su presupposti scientifici ed esperienze ben precise. Lo sguardo della professoressa Gisèle Fischer, docente di Filosofia della Scienza all’Università di Parma, immagina due possibili sviluppi che non si autoescludono. Il primo è la costruzione di macchine dall’aspetto più o meno umano e dai comportamenti simili a quelli associati agli esseri intelligenti, compresa la coscienza di sé, e una così stretta integrazione tra biologia e tecnologia da far svanire qualsiasi distinzione tra i due campi. «L’autoconsapevolezza è utile quando occorre riflettere, quando la soluzione di un problema non è evidente – spiega la professoressa Fischer. Non vedo perché una macchina non possa essere dotata di una simile funzione della coscienza. Probabilmente la società tenderà a recalcitrare, ma penso che alla fine il riconoscimento della coscienza in enti non biologici sarà una questione che verrà risolta dai legislatori». Il secondo scenario evolutivo vede una massiccia creazione di organismi a carattere biotecnologico, che prevedano cioè l’unione delle conoscenze contenute nel cervello umano con le immensamente maggiori capacità funzionali della tecnologia. «Esistono già degli embrioni di tale interfaccia: chip per rimediare ai deficit di visione, di udito, di ormoni – prosegue la professoressa Fischer. Si può ragionevolmente immaginare che miliardi di nanorobot circoleranno nel nostro sangue, distruggendo gli elementi patogeni, correggendo gli errori del DNA, eliminando le tossine fino a consentire la riorganizzazione delle funzioni biologiche essenziali come per esempio la digestione. Alcuni nanorobot potranno anche interagire con i neuroni biologici, di modo che emozioni, insieme a calcoli sofisticati e moltissimi sistemi di conoscenze, condurranno a un sensibile potenziamento dell’intelligenza umana. I vantaggi riguardano la salute, la sfera creativa, il dominio che gli individui potranno esercitare sul mondo. Gli svantaggi sono imprevedibili».

Uno scenario futuro completamente proiettato al progresso tecnologico, con problemi di carattere etico spazzati via. Si tratterà di una disumanizzazione a favore dell’Intelligenza Artificiale? «Non potremo dire di aver perso la nostra umanità – conclude la professoressa Fisher – perché in ogni caso saremmo sempre noi a cercare le strade migliori per realizzare noi stessi e risolvere le tante sfide che ci pone la realtà».