Skip to main content

Le immagini di Londra in fiamme, assediata da migliaia di giovani casseurs, arrivano dagli schermi come un pugno nello stomaco. Il fiume di rivoltosi che è dilagato nella capitale inglese non se lo aspettava nessuno; nemmeno, a giudicare dal panico istituzionale, le autorità preposte al controllo dell’ordine pubblico.
I tagli alla spesa sociale decisi dal governo Cameron, particolarmente duri proprio nella zona di Tottenham in cui sono iniziati i disordini, si sono miscelati a problematiche preesistenti, scatenando una devastante ondata di violenza.
Rabbia o follia, ira o delirio: sulle caratteristiche di fondo di questa rivolta si può essere in disaccordo. La notizia che tra gli arrestati di Londra si possono ritrovare ragazze benestanti, dodicenni e persino insospettabili docenti giunge in realtà non inattesa. La folla di saccheggiatori che si muove tra le fiamme di Londra non è infatti un esperto nucleo di black block. Non è un gruppo politicizzato che sceglie la guerriglia urbana per portare il caos nelle strade.
E’ una marea eterogenea di persone che approfitta della crepa nell’ordine quotidiano per il proprio tornaconto personale. La maggior parte dei partecipanti ai disordini, ragazzi senza lavoro che faticano sempre più a ricordare la propria dignità, si sono lanciati al saccheggio spinti dalla mancanza di denaro e dall’esubero di stimoli consumistici. Alcuni, senza dubbio, hanno cercato la vendetta verso “gli altri”, i più fortunati. Qualcuno si sarà poi lanciato nella mischia per il brivido, per la noia, per dire “io c’ero”.
Non c’è un insieme di regole in questa battaglia improvvisata. Questi nuovi guerrieri combattono senza una strategia, senza tattiche, si potrebbe dire senza nemmeno una guerra. Il bottino, quello sì, rimane parte importante della contesa. Ma quest’esercito senza generali non si comporta secondo nessuna legge bellica. E, proprio per questo, cova sotto la cenere con un potenziale distruttivo davvero inquietante.