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“Il premier Silvio Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole” ha offeso nel corso del suo mandato “quasi ogni categoria di cittadino italiano e ogni leader politico europeo”, mentre “la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa ed ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia in molte branche del governo degli Stati Uniti”.

(Dalla corrispondenza tra l’ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli e Hillary Clinton, neo eletto segretario di Stato, nel 2009. Lo stralcio fa parte del materiale reso pubblico da Wikileaks. Ai tempi non è ancora esploso lo scandalo di Noemi Letizia, nè quello riguardante la escort Patrizia D’Addario, non c’è ancora traccia dei festini di Arcore, né delle accuse di sfruttamento della prostituzione minorile con la marocchina Ruby, né delle pressioni sulla questura di Milano per procurarsi il silenzio della vittima.)

Una delle immagini più utilizzate per descrivere la situazione politica attuale è sicuramente “lo scenario da fine impero”. Richiamando le ultime fasi dell’Impero romano, i giornalisti televisivi e della carta stampata puntano a evocare le atmosfere ormai corrotte e gli stanchi protagonisti della chiusura di un’epoca. Effettivamente, l’alto potere espressivo di questa immagine si adatta piuttosto bene alle cronache dei nostri giorni, divise tra dettagli pornografici e litigi che si reggono su argomentazioni ormai consunte. L’ennesimo scandalo si ammucchia sulla massa degli scandali che hanno attraversato l’anno appena chiuso. Difficile ricordarli tutti: dalla Protezione Civile a Gennaro Mokbel, da Finmeccanica all’impeachment sessuale del premier, il cosiddetto “scandalo” si configura in Italia non tanto come l’evento in grado di provocare un’ondata di sdegno, ma come un lieve scuotimento di una normalità sempre più stanca e stancante. Inutile farne una questione morale. Persino pericoloso farne, come ci si aspetterebbe, una questione giudiziaria. Le pagine dei giornali continuano tuttavia a riempirsi di cronache tra il politico e il surreale, e di commenti che tentano di ricordare come questi “scandali” generino un inesorabile blocco delle normali (e necessarie) attività politiche. La questione è quindi politica: il susseguirsi di litigi, impeachment e vari ha sistematicamente contribuito all’incancrenimento di un sistema che già non brillava per dinamicità. Ma i nodi arrivano sempre al pettine: in un anno il tasso di disoccupazione tra i minori di 29 anni è aumentato del 4% e un giovane su cinque risulta aver abbandonato studi e speranza di trovare un lavoro. L’apparato politico gerontocratico e traballante è al tempo stesso causa e conseguenza di questo pantano in cui il Paese langue da vent’anni. La bagarre pornografica che occupa i quotidiani non ha quindi più il carattere dell’eccezionalità, costituisce semmai una perfetta rappresentazione del vuoto politico che caratterizza le ultime (si spera) scene di un Impero che non riesce ad estinguersi.