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Imprenditori ripropone l’intervista fatta allo chef modenese nel 2009: un modo per ricordare che ci sono persone che, nonostante tutto, fanno ancora dell’Italia il Belpaese.

di Agnese Spinelli

Quando intervisto Massimo Bottura siamo nel pieno del ciclone scatenato da Striscia la notizia sulla presunta chimicità della cucina del miglior chef italiano. Il servizio, un’incursione con telecamere nascoste dentro alle sale dell’osteria Francescana di Modena, va in onda proprio la sera in cui Bottura sta ricevendo, a Londra, il premio di San Pellegrino World’s 50 Best Restaurants come miglior ristorante italiano (e tredicesimo nel mondo). Un attacco non giustificato, che non porta prove ma butta lì solo qualche vaga (troppo) suggestione. “Sono molto amareggiato. Troppo amareggiato. Il servizio televisivo mi ha riservato lo stesso trattamento garantito ad un mago che truffa la gente. E io, che nonho mai messo nulla davanti alla qualità e alla ricerca, non so davvero cosa fare. Pensavo che l’onestà del mio lavoro parlasse da sola, invece… devo però dire che se da una parte sono molto ferito, dall’altra ho ricevuto talmente tante dichiarazioni di stima che non posso che esserne sollevato e soddisfatto”.

Aggiungo che, durante l’intervista, Bottura sarà impegnato per più di un’ora con Laudadio che, per telefono, cerca di smussare i toni del servizio. Bottura è indeciso se rendersi disponibile o meno a comparire in video: “Non vorrei alimentare una polemica basata sul nulla, ma non ho nemmeno niente da nascondere. Però, visto come si sono comportati, non so come muovermi, non sono abituato a guardarmi le spalle. Di solito è sufficiente fare bene le cose per stare tranquilli”. Fatto sta che la sera successiva vedo, sempre su Striscia, un nuovo attacco allo chef stellato. Secondo il tg Bottura si sarebbe negato più volte al telefono, non permettendo una replica. L’indignazione sale: giocare sporco nel campo dell’informazione è davvero troppo facile.

Decido di chiuderla qui per raccontarvi invece chi è Massimo Bottura: un uomo “felice di alzarsi la mattina, che non si fa ingoiare dalla quotidianità, che fa una vita meravigliosa”. Che mi fa assaggiare i suoi piatti (“devi capire cosa e come lo faccio, assaggia, annusa e dimmi cosa ne pensi…”), chiacchiera con me per più di tre ore, si interessa di quello che racconto, chiede pareri, riflette, spiega con grande pazienza e si appunta un paio di informazioni (“tutto può innescare un pensiero, la creatività deve essere sempre accesa”), organizza un’intervista a Zocca e accompagna il suo ‘secondo’ ad una visita. E anche se ogni tanto una battuta ‘chimica’ ci scappa (“provo a riderci sopra, cosa devo fare!”), l’intervista si concentra su questa straordinaria personalità che ha qualcosa di fanciullesco nei modi e soprattutto nell’entusiasmo, nell’ingenuità con le quali si propone. (Voi avreste accettato un’intervista, proprio mentre siete sotto accusa, senza chiedere prima le domande o senza nessun tipo di garanzia? Io no. Però ha funzionato…).

E a parte questo inghippo? “Io vivo un sogno, semplicemente. Prima lavoravo nell’azienda di famiglia e non ero felice. Mi svegliavo la mattina e non ne avevo voglia. Mi sono accorto che stavo sbagliando e ho deciso di seguire una delle mie tre passioni: cucina, musica e arte”. Quindi in un universo parallelo potrebbe essere un famoso jazzista o un noto gallerista? “Probabile. E’ l’approccio che conta. Il fatto è che mi piace svegliarmi la mattina e avere l’opportunità di lavorare con ragazzi di vent’anni che ci credono, che ci mettono energia, che sono uno stimolo l’uno per l’altro. Mi piace l’ambiente, la creatività, le novità quotidiane. Chi avrebbe pensato che avrei girato il mondo portando ovunque la mia cucina ma anche i prodotti della mia terra? A breve saremo in Amazzonia, poi ad un evento di beneficenza a Manhattan, siamo appena tornati dalla Thailandia. Ci divertiamo, ci crediamo”.

Parliamo di lei come capo e maestro… “In brevissimo: sono un democratico che ha l’ultima parola. Anche il modo di lavorare qui aiuta la creatività: le idee le sviluppiamo assieme, poi i capipartita sono liberi di sperimentare e perfezionare fino a che si arriva al confronto. A quel punto si sceglie che strada prendere, e lì sono io che decido”. Io nel frattempo sto assaggiando i suoi piatti. A parte l’aspetto mi colpisce il profumo: da un pugno di spuma di mortadella si sprigiona un aroma che ci si aspetterebbe in un’intera salumeria. Il delirio dei sensi.

“L’idea della spuma è del ‘99. Sono riuscito a farla come volevo io solo nel 2005. Non riuscivo a concretizzare l’idea che avevo in mente: sgrassare la mortadella e renderla più essenziale, piena ma vaporosa”. Altra cosa che mi colpisce sono le citazioni di sapori che, per chi è nato in queste terre è impossibile non notare: una crosta di grana nel piatto dei bolliti non bolliti, un retrogusto di merende pomeridiane, gli odori delle cucine delle nonne. Assaggiare questi piatti evoca sensazioni passate, come il giovanile affondare le mani nella terra per scoprirne i segreti. Ero scettica, lo ero. La sua cucina mi ha stupito e sorpreso. “Si, è vero, c’è molto del bambino nelle cose che faccio. Ci vuole la curiosità, l’entusiasmo ed il piacere della scoperta. Per esempio, la mia zupppa inglese: stimola il palato attraverso l’accostamento del caldo e freddo (il chaud froid della cucina francese) in più è accompagnata da una gelatina di alchermes. Sai da dov’è nata questa idea? Dal fatto che da bambino lo odiavo: rovinava la crema e la cioccolata”. (e chi non l’ha odiato, penso io, che, meticolosamente ne scavavo il contenuto lasciandone intatto il liquoroso involucro).
Guardo l’orologio.

Ma lei è sempre così disponibile? “Fa parte del mio lavoro. Se si fa ricerca si deve partire dal dialogo, dal confronto. Perciò
bisogna imparare ad ascoltare, a tenere la mente accesa. Chiunque può colpirti e darti degli stimoli per creare qualcosa di nuovo, o
per migliorare un classico”. Così me ne vado con un solo cruccio: come farò a spiegare all’amico Lopez, che difende a spada tratta la mortadella “da addentare”, che la spuma di mortadella è proprio straordinaria? Proverò con l’oratoria, spiegandogli che la spuma, come la cucina di Bottura, profuma di nuovo.