Skip to main content
Eletta in un momento storico molto delicato per il sistema universitario nazionale, la Prof.ssa Bondi ci accoglie nello studio di Presidenza della facoltà di Filosofia, anch’essa scossa dalla bufera che vede al centro precari e ordinari, ricercatori e cattedratici della scuola italiana, diventata strumento di infinite e nebulose controversie, tra errori del passato e incertezza sul futuro.

Prof.ssa Bondi, questo per lei è un secondo mandato, dopo quello che l’ha vista ricoprire lo stesso ruolo anche dal 2001 al 2007: come giudica questa scelta? L’esperienza avrà giocato un ruolo fondamentale per il collegio che l’ha voluta di nuovo alla Presidenza.
Credo che il mio percorso professionale e l’esperienza maturata all’interno dell’Università abbiano avuto il loro peso, ma è anche vero che non basta conoscere il sistema universitario per dipanare le incertezze e risolvere problematiche che vanno ben oltre il mio stesso ruolo. Mi riferisco ovviamente alla riforma universitaria appena varata che ha tolto ancora più certezza al sistema scuola nel suo complesso, oltre che sollevare un polverone di critiche e incongruenze sul ruolo di precari e ricercatori: questa riforma ha messo in evidenza alcuni paradossi, primo fra tutti la situazione dei ricercatori che, ci tengo a sottolinearlo, non sono precari ma contrattualizzati a tempo indeterminato. Il problema risiede piuttosto nel ruolo che questi insegnanti di “terza fascia” – come andrebbero considerati a mio avviso – hanno ricoperto fino ad oggi, che nei fatti esula dalla semplice didattica integrativa ed è diventata vera e propria formazione di base. Astenendosi dalla didattica, hanno dimostrato che l’università procede più lentamente e questo si avverte soprattutto negli atenei di stampo umanistico, proprio come il nostro.
Quindi lei è d’accordo con questi scioperi…
In un certo senso capisco il loro bisogno di certezza professionale, dopotutto queste figure non hanno possibilità di carriera all’interno del sistema, ma non esistono solo i ricercatori: ci sono moltissimi professori che hanno contratti annuali e che iniziano un percorso formativo che magari debbono interrompere dopo pochi mesi perché vengono trasferiti altrove; anche questo fa parte delle incongruenze di cui parlavo prima e che andrebbero risolte al più presto, per cercare di dare risposte immediate al futuro della nostra scuola.
Futuro peraltro sempre più incerto…
Certamente, prima di tutto a causa dei tagli che questa riforma ha previsto prima ancora della necessità di risolvere i problemi attuali. Pensi che in alcuni settori, ci troviamo di fronte a decurtazioni che vanno oltre il 50%, con la conseguenza di vedere ridotte la scelta formativa e la possibilità di investire nella ricerca: il tentativo è chiaro, ed è quello che si basa sul risparmio ad ogni costo, ma qui c’è in ballo il futuro dei professionisti di domani, non dobbiamo dimenticarlo. Senza investimenti nella scuola, l’Italia non saprà dare un futuro ai nostri studenti mentre invece la priorità di chi governa dovrebbe essere quella di fornirci direttive chiare e limiti entro cui muoverci.
La sua elezione, l’abbiamo detto, sottolinea ancora una volta la massiccia presenza femminile sia nei direttivi scolastici che nelle percentuali studentesche: come valuta il dato?
Diciamo che l’ambiente universitario è largamente rappresentato dalle donne e anche le studentesse manifestano un rendimento più costante: credo che questo derivi dalla loro indole, forse più propensa a raggiungere risultati d’eccellenza che altrimenti farebbero fatica a vedersi riconosciute. Credo tuttavia che in generale nell’ultimo periodo sia stata data un’immagine sbagliata del sistema universitario, almeno nel suo complesso: in realtà nei nostri atenei si lavora quotidianamente pensando ad una ripresa (anche economica) e a un futuro per quanto possibile propositivo. Rammarica vedere che si ha poca fiducia nelle risorse umane, così come non si guarda quasi mai al rapporto di grande stima che lega insegnanti e studenti: mi creda, la maggior parte di noi non difende interessi particolari, ma lavora con coraggio per garantire un futuro a questa scuola.
Lei è una donna molto determinata che riesce a parlare della sua professione come una “missione possibile”, anche in un momento così difficile: qual è stato il prezzo da pagare per farsi ascoltare?
I fatti parlano per me e sono sempre quelli che mettono a tacere i detrattori. Le faccio un esempio: come in tutte le facoltà anche noi abbiamo studenti fuori sede. Ce ne sono 4 in particolare che stanno seguendo qui da noi la laurea Magistrale (quindi un livello altamente professionalizzante). Cosa c’è di strano? Che una studentessa viene addirittura da Roma, quindi avrebbe avuto infinite possibilità a due passi da casa, mentre ha scelto la nostra facoltà come trampolino per il suo futuro professionale. Queste sono cose che ci riempiono d’orgoglio.
Quali risorse deve avere una donna che lavora nella sua posizione: la determinazione è certamente importante, ma ci vogliono tante altre qualità…
Prima di tutte la capacità di ascolto e poi passione e competenza, perché se non metti “l’anima” in quello che fai, se non ci si mette in gioco per primi nessuno ti segue. Bisogna lavorare sodo, soprattutto oggi che vediamo delegittimati i vertici del potere e messi da parte valori fondamentali, come la responsabilità e la partecipazione.
E una volta “deposte le armi” come passa il suo tempo libero?
Ascoltando musica, andando a teatro e facendo lunghe passeggiate in montagna: tutte cose molto rilassanti, una sorta di quiete prima della tempesta!