Nonostante sembri un innocuo ragazzino a cui è caduto in testa un barattolo di vernice bianca mentre giocava col monopattino, Julian Assange sta mandando in tilt le diplomazie di tutto il mondo. Beh, dicono in molti: che delusione. E in effetti ’sti documenti segreti sono una palla. Sarkozy è permaloso, la Merkel non è creativa, Putin è maschilista e Berlusconi l’anziano che, a forza di festini, è un po’ suonato. Sai che novità, roba da addormentarsi con la testa dentro il lavandino per la noia. Peccato che l’effettiva importanza delle informazioni pubblicate da Wikileaks c’entri come i cavoli a merenda. La notizia non sono i contenuti, ma il mezzo. Il mondo è pieno di informazioni più scottanti, più sensibili: chi dice che domani non saranno pubblicate online da uno, due, mille Assange qualunque? È il fatto stesso che quelle informazioni siano state pubblicate che cambia tutto. Il nostro modo di comunicare è già oggi riproducibile e, perciò, “rubabile”: contando che, come dice Massimo Marchiori (il signore che si è inventato l’algoritmo di Google), il web è ancora alla preistoria, ne vedremo delle belle. Immaginate che domattina venga recapitato a vostra suocera e al gentil figliuolo un faldone che contenga la trascrizione di tutte le comunicazioni in cui avete detto qualcosa di poco carino sul loro conto. Comunicazioni come “Quando si mette la pelliccia sembra una iena su due zampe” per lei, oppure “Piuttosto che andarci a letto limonerei con un pensionato senza dentiera” per lui, non sarebbero grandi rivelazioni per nessuno: la suocera immagina di non starvi simpatica e lui sa dei cali di desiderio. Ma se siete sollevate al pensiero che le vostre comunicazioni private (anche se relativamente innocue) restino private, capite che la noia di Wikileaks è solo apparente, che più del messaggio conta il mezzo, e che la nuova era della comunicazione è appena iniziata.
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