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Tormentoni aziendali vs zona di comfort

Di 03/08/2010Marzo 15th, 2023No Comments

di Carlo Alberto Bisi (Carriere Italia)

Ci sono alcuni tormentoni che le persone cavalcano volentieri in questi ultimi tempi, soprattutto in tema di motivazione in azienda: il primo è certamente ‘cambiamento’, un altro è ‘motivazione’, poi c’è il mitico ‘condivisione’, da non dimenticare ‘obiettivo di miglioramento’ e come non citare ‘comunicazione efficace’; per non parlare poi di ‘sinergia’, ed altri ancora che non cito per un evidente limite di spazio. Tutti questi tormentoni hanno qualcosa in comune, cioè l’atteggiamento che ci aspettiamo di vedere negli altri: le persone devono essere orientate al cambiamento, devono essere motivate, devono condividere, devono avere obiettivi di miglioramento, devono comunicare in modo efficace e devono muoversi in sinergia con chi gli sta intorno: bellissimo!

E mentre siamo lì che aspettiamo che gli altri facciano tutto ciò, noi come ci comportiamo? Non dimentichiamoci che l’essere umano è principalmente abitudinario, e cerca sicurezze nella ripetitività di azioni, pensieri, e comportamenti. L’insieme di queste nostre abitudini, sicurezze e certezze può essere definito come ‘zona di comfort’, altrimenti detta anche ‘zona di sicurezza’. Ogni volta che pensiamo ad un cambiamento, in realtà pensiamo a fare qualcosa che oggi non appartiene alla nostra zona di comfort e, se decidiamo di farlo, una spinta motivazionale può essere l’insoddisfazione verso la situazione attuale, sia personale sia professionale. Importante è riflettere sul fatto che se noi non siamo pronti ad ampliare la nostra zona di comfort, per quale motivo dovrebbero farlo gli altri? Purtroppo (o per fortuna) la zona di comfort è dinamica, cioè cambia di continuo, perché cambia, nostro malgrado, la nostra vita personale e professionale, e a volte non abbiamo consapevolezza di questi cambiamenti. Oltretutto siamo noi che decidiamo, spesso in modo inconscio, la direzione del cambiamento della zona di comfort: se siamo persone curiose, aperte e fiduciose verso gli altri, saremo anche aperti verso nuove esperienze, magari pure un po’ rischiose, e questo tenderà ad ampliare sempre di più la nostra zona di confort. Se, al contrario, abbiamo timore ad affrontare nuove esperienze, se abbiamo poca fiducia negli altri e preferiamo affrontare la vita personale e professionale con i piedi di piombo, allora il rischio è che la nostra zona di comfort si riduca sempre di più, facendoci abbandonare tutte le abitudini ed esperienze di cui non siamo assolutamente certi. Un punto fermo è che siamo tutti orientati ad ampliare la zona di comfort, almeno a parole: a volte difettiamo un po’ nei fatti, ma mai nelle scuse, anche molto fantasiose, per giustificare a noi stessi e agli altri un cambiamento mancato.

La zona di comfort ha certamente dei vantaggi: ci fa sentire sicuri, protetti, ci fa procedere con un filo di gas, tutto ci sembra più semplice ed è più facile non sbagliare: in questo caso si parla di ‘decisioni ed azioni conservative’, che non ci fanno rischiare più di tanto. Un altro vantaggio è che, al sicuro e al calduccio della nostra zona di comfort, i conflitti sono bassi, ed in particolare sono poco significativi i conflitti con il nostro ambiente di sostegno (famiglia, amici, colleghi, ecc…). Ci sono anche degli svantaggi: chi sceglie la strada di una vita vissuta all’interno della zona di comfort farà fatica a soddisfare le sue curiosità, a porsi una domanda in più e, soprattutto, a porsi obiettivi stimolanti. Prevale il non riesco e non il cosa mi manca, e può capitare che ci si senta un po’ prigionieri della corrente del fiume, che ci impedisce di scegliere la nostra direzione. È una questione di approccio alla vita: chi sceglie di ampliare costantemente la propria zona di comfort è pronto a mettersi in discussione sempre, a pensare che ciò che non si conosce è affascinante almeno quanto ciò che si conosce e che gli altri sono sempre un universo che vale la pena scoprire; si riducono le certezze nel breve, le decisioni e le azioni sono più rischiose, ma prevale il concetto di lottare per la propria vita e per le proprie scelte, anziché accontentarsi di essere parte della vita e delle scelte degli altri. Certamente possono aumentare i conflitti con il nostro ambiente di sostegno (famiglia, amici, colleghi, ecc…), perché non sempre la nostra strada è anche la stessa di chi ci circonda ma, per chi sceglie questa modalità, aumentano le soddisfazioni di veder realizzato il proprio progetto di vita, personale e professionale. Ho detto che ampliare la nostra zona di comfort è facile a parole, ma un po’ più difficile nei fatti: allora come si può procedere?

Ritengo certamente utile la politica dei piccoli passi, cioè non avere aspettative da noi stessi di grandi cambiamenti in poco tempo, ma porsi l’obiettivo di tanti piccoli passi che all’inizio potranno anche essere poco significativi, ma diventeranno via via sempre più grandi, mentre alleneremo noi stessi a vivere in una logica di continui obiettivi intermedi. Nelle parole di un saggio un’altra cosa importante: “una volta perso di vista l’obiettivo, si raddoppiano gli sforzi!”. Prima di muoversi verso qualunque direzione, è importante interrogare se stessi sugli obiettivi di vita personale e professionale a medio-lungo termine. Se non si sente forte un obiettivo di vita, è più facile adagiarsi sulle abitudini, mentre un chiaro obiettivo di sviluppo futuro motiverà maggiormente ad identificare nuove strade. Ecco perché, in chiusura, torniamo alla motivazione: siamo motivati quando procediamo per la strada che ci porta al nostro obiettivo di vita personale e professionale, mentre sentiamo una forte demotivazione se procediamo per una strada che porta all’obiettivo di altri, amici o nemici che siano. Ecco perché faccio un po’ fatica a credere alle ‘tecniche di motivazione’, mentre credo che sia più importante riuscire a capire se si è all’interno del proprio percorso o se non lo si è ancora trovato: la conseguenza logica è che chi è nel proprio percorso è più orientato ad ampliare la zona di comfort, mentre chi ha un po’ di confusione negli obiettivi a medio-lungo termine, e fatica a trovare la propria strada, perde pian piano l’energia necessaria per ampliare la zona di comfort, rifugiandosi in abitudini e certezze storiche e consolidate. Nel prossimo intervento approfondiremo il collegamento tra motivazione ed obiettivi personali, ovviamente in ambito aziendale. Fino ad allora… buone ferie e buon divertimento!