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Interviste

Il piatto unico del cinema

By 30/03/2010Marzo 15th, 2023One Comment
IMG_0012_optdi Maria Chiara Marchi

Chi non si è mai domandato chi ci fosse dietro l’aura radical chic del cinema Rosebud? Per conoscere i segreti del cinema di qualità siamo andati a conoscere Sandra Campanini, responsabile dell’Ufficio Cinema del Comune di Reggio Emilia.

Sandra Campanini è un fiume in piena di passione ed entusiasmo. Ha fatto i primi passi nel mondo del cinema alle medie quando guardò il film che cambiò la sua vita… Partiamo dagli inizi: quando è nato il mitico Rosebud?

“Il Rosebud fu battezzato da Nanni Moretti quando nel 1984 nacque come Centro Giovani e, oltre alla sala di proiezione, comprendeva anche laboratori per imparare a fare montaggi. Nel ’90 fu prospettata la soppressione dell’Ufficio Cinema e la privatizzazione del Rosebud, decisione che generò un inatteso attivismo del pubblico e di intellettuali che, con l’associazione Stranamore, difesero il servizio culturale pubblico permettendo al Rosebud di rimanere comunale. La collaborazione con la Cineteca e l’adesione al FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai) ha posto le premesse per l’attuale Coordinamento Regionale Cinema. Nel 2005 ci fu la ristrutturazione per offrire ai cinefili una sala più accogliente e con sistemi audio moderni: una sala mia, tua, di tutti, un luogo vivo in cui incontrarsi, dibattere, scambiare idee, presentare film e ubriacarsi delle magnifiche ossessioni e imparare a guardare”.

Quali sono le armi vincenti del cinema d’essai? “La monosala è più calda, più accogliente, c’è un clima più umano, ci si sente come a casa, se hai un consiglio o una lamentela, c’è una persona e non un numero verde a cui dirlo e sei sicuro di vedere film di qualità”.

La scelta della programmazione è completamente indipendente? “In linea di massima vengono scelti da me, in base alle uscite nazionali. Il Rosebud si propone di far conoscere la storia e i grandi maestri del cinema ma anche la sua attualità nelle tendenze più creative ed interessanti. Così, la struttura della programmazione è organizzata attorno a tre filoni principali: cinema classico al lunedì, rassegne di autori e cinematografie nazionali al mercoledì, prime visioni d’essai nel fine settimana. Chiaramente vanno aggiunte anche le programmazioni speciali per le scuole materne, medie e superiori nonché quelle per gli over 65 (quelli che mi bacchettano di più!)”.

Cos’è un film di qualità? “Io sono un’onnivora di cinema, guardo di tutto, e apprezzo tutti i generi. Un buon film è quello che riesce a calamitare l’attenzione dello spettatore senza annoiarlo. C’è da dire anche che per valutare al meglio un film occorre guardarlo in lingua originale; per questo credo che tutti i film vadano visti in lingua originale, coi sottotitoli, e questo è l’esperimento che stiamo portando avanti qui al Rosebud”.

La standardizzazione dei multisala ha fatto riscoprire il piccolo cinema? “La tragedia più grande è l’isolamento di chi si mette a vedere film al pc, sul telefonino o a casa con l’home theather. Per me quello non è cinema. Al Rosebud invece il piatto principale è il film, mentre nei multisala si arriva al cinema scegliendo il film in base all’ora, per consumare pop corn e altro, il film non è il piatto fondamentale. Vedere la fila per la proiezione de L’uomo che verrà, un film totalmente in dialetto bolognese, coi sottotitoli, che parla della strage di Marzabotto e sapere che è uscito in 50 copie in tutta Italia, mentre Muccino esce con 900 copie è sintomatico di una lotta impari ma mi rassicura la consapevolezza che qui c’è ancora una tradizione per il cinema d’essai di qualità”.

Quali sono state le iniziative di cui è più orgogliosa? “Gli incontri coi registi come Scola, Monicelli, Castellari e molti altri, il ricordo che questa sala lascia loro è una grande attenzione e sensibilità e un forte rapporto umano con il pubblico. Poi vado proprio fiera delle lezioni di Bruno Fornara, delle proiezioni in lingua originale, dell’emozione e della fiducia del pubblico quando proiettiamo film sconosciuti”.

Lavorare qui dev’essere molto entusiasmante e stimolante… “Per quanto riguarda il Rosebud redigo il programma, reperisco le pellicole (un grande lavoro di ricerca), organizzo la rassegna, gestisco i contratti con i distributori, la gestione del personale e l’ufficio stampa. Poi ci sono gli incontri, i rapporti che si creano con i registi che vengono a fare le lezioni di cinema, e questo è l’aspetto più straordinario del mio lavoro. è ovvio che questo lavoro viene portato avanti grazie al supporto fondamentale di tutti gli altri componenti dell’Ufficio Cinema: Nicoletta, Angelo, Ero, Cinzia e Giorgio”.

Crede che finirà l’era dei cinepanettoni e dei cinecocomeri per lasciare più spazio al cinema d’autore? “No, non credo ma io non li demonizzo: ci sono prodotti medi buoni, io non li vado a vedere ma è giusto che ci sia un’alternativa… quello che contesto sono i contributi che arrivano ad un certo genere di film a discapito del cinema d’essai. Dovrebbe esserci maggiore tutela, come per i prodotti Dop”.

In cosa l’ha fatta crescere il Rosebud? “Ci sono davvero cresciuta dentro: se ho fatto il Dams Cinema è perchè il Rosebud mi ha fatto sognare fin da fine anni Ottanta. Mi sento una privilegiata perchè faccio un lavoro stupendo e, grazie alle mie competenze, mi è stata data fiducia di fare quello che voglio”.

Se potesse essere un film, che film sarebbe Sandra Campanini? “Effetto notte di François Truffaut. Vidi questo film quando ero alle scuole medie e da lì capii che volevo lavorare nel cinema”.

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