di Maria Chiara Marchi
Partiamo dall’assunto che Marianne Valentine è una ballerina di successo anche se ora non balla più. Perchè nessuna ballerina può smettere di esserlo. La danza ti entra dai piedi, ma ti rimane nel cuore. A 41 anni Marianne coordina un gruppo di ballerini professionisti, i Tra-Ballantes, decisi a portare nei non-luoghi l’eterno splendore della danza. Ci incontriamo in un piovoso venerdì pomeriggio alla Galleria Blue Room, quartier generale creativo del gruppo sperimentale Tra-Ballantes, un luogo incredibile: la contaminazione delle opere d’arte e dei preziosi arredamenti è l’humus perfetto per la germinazione di idee.
La colonna sonora dell’intervista è un live dei R.E.M. in proiezione su una delle pareti, lo sguardo cade su una frase di Andy Warhol sulla parete accanto: “Black is my favourite colour and white is my favourite colour”. Marianne Valentine è una ballerina che ha creato un gruppo, i Tra-balllantes, che si esibisce in contesti ‘non canonici’.
Cosa significa il nome del vostro gruppo? “Il nome si pronuncia in spagnolo e contiene una molteplicità di significati. Poiché si balla in un contesto che non è più quello teatrale ma può essere dei più disparati, è necessario instaurare una relazione sia con il luogo che con gli oggetti circostanti: i ballerini si mettono in gioco spingendosi oltre i propri limiti per riuscire ad oscillare, in armonia, tra l’idea di peso e leggerezza, di forza e controforza, di corpo e mente traballando tra il primo e il secondo, con sicurezza”.
Quali sono le nuove location del balletto oggi? “Per noi non c’è limite: ogni luogo può farci crescere e portare qualcosa di nuovo e di creativo. Non esiste una location più adatta, può essere una casa privata, uno spazio aperto, i ‘non luoghi’ dimenticati come i capannoni abbandonati. L’importante è creare un rapporto simbiotico, entrare in relazione col pubblico e con altri linguaggi artistici contaminando le esperienze. Per esempio i Tra-Ballantes hanno ballato in uno studio di architetti e l’assenza di separazione tra pubblico e ballerini è stata molto intrigante. I ballerini ti passano accanto… è davvero affascinante”.
Come le è venuta l’idea di fare della danza un’esperienza ‘extra teatrale’? “Non è stata un’idea nuova, piuttosto, si è trattato di un’evoluzione. Nella mia carriera di ballerina ho avuto l’occasione di lavorare in contesti sperimentali che ho amato e che mi hanno formato ad uno approccio più dinamico della danza. Questa è la premessa. La scintilla venne dopo il terremoto in Abruzzo: con un gruppo di ballerini professionisti decidemmo di fare una serata di beneficenza, presso un locale di Reggio Emilia. Fu quella la loro prima volta tutti insieme in un contesto del genere. Il successo non passò inosservato: tra il pubblico c’era Gheppe Bigi Iotti, proprietario della Galleria d’arte Blue Room, che ci propose di fare del Blue Room la casa delle idee e della progettazione dei Tra-Ballantes”.
Spostare il balletto da un luogo ‘sacro’ come il teatro a luoghi più profani non rischia di sminuire la grande raffinatezza di questa arte? “Quando abbiamo portato il balletto in una discoteca, al Sali e Tabacchi, il pubblico si è meravigliato e piacevolmente sorpreso. Forse solo chi appartiene al mondo dell danza si è spaventato nel vederla in un luogo così “trasgressivo”… Non vogliamo scioccare, ma solo evocare, far pensare, fare da pungolo artistico per la gente”.
Come e dove nasce la passione per l’art du ballet? “Onestamente non mi ricordo, credo di averla sempre avuta dentro. Il vero ballerino nasce dovendo ballare”. Quando ho letto che è una ‘ex ballerina’ ho avuto un sussulto: si può smettere di fare la ballerina, ma si può smettere di esserlo? “Non puoi smettere di essere ballerina ma la danza richiede disciplina, forza fisica e mentale a livelli altissimi e questo significa sacrifici enormi. La danza è un modo di vivere.Quando balli avviene una trasformazione, sei fuori dalla tua persona, diventi grande, forte e bella… Una sensazione che, però, non ti abbandona quando smetti. La danza ti entra dai piedi ma ti rimane nel cuore. Io ad un certo punto della mia vita ho voluto dar spazio alla famiglia e dopo tre figli è davvero quasi impossibile rimettersi le scarpette… Dopo il primo figlio ci avevo pensato ma la mia passione non si riversava più esclusivamente sulla danza. E la danza è gelosa: vuole la tua passione tutta per lei”.
Brava