Album_ The Hope Six Demolition Project
Etichetta_ Island
Anno_ 2016
Da tempo PJ Harvey ha rinunciato a farsi ritrarre sulle copertine dei suoi dischi, quasi a fornire un indizio grafico di un cambiamento di prospettiva: raccontare se stessi serve a poco, quando là fuori il mondo continua a reggersi in piedi per miracolo. Più di un disco politico, The Hope Six Demolition Project è l’immagine allo specchio di un dramma scespiriano: laddove il Bardo rifletteva sulla brama di potere, PJ Harvey racconta le persone e i luoghi che, dello sfoggio di quel potere, hanno subito l’influsso devastante senza potervisi opporre. Le canzoni di questo disco vanno guardate come se fossero parti di un reportage fotogiornalistico – e non è un caso che siano ispirate ai viaggi in Afghanistan, in Kosovo e a Washington fatti dalla cantautrice assieme a Seamus Murphy, un fotografo di guerra: davanti agli occhi dell’ascoltatore sfilano un’anziana che porta con sé le chiavi delle case i cui abitanti non torneranno più (Chain Of Keys), un bambino che insegue il ricco straniero in trappola chiedendo Dollar, Dollar, le radici di un popolo coperte per sempre dal cemento (Medicinals). Tra queste immagini devastanti non c’è spazio per slogan elettorali: The Hope Six Demolition Project è un’opera densa di storie schiacciate dalla Storia, e – tra chitarre elettriche urlanti e la ruggine nervosa del sax – è anche la prova di come un disco rock possa ancora raccontare il mondo straordinariamente bene.