Da qualche settimana è diventato impossibile evitare Adele. È ovunque, con grande gioia di una manciata di discografici e di una considerevole schiera di produttori di fazzoletti di carta. Anche se sotto l’albero di Natale si troveranno più copie di 25 che panettoni, è utile ricordare che il 2015 in musica è stato anche molto altro: ecco per voi i nostri dischi dell’anno.
Floating Points, Elaenia_
Ci sono artisti che tessono la loro tela poco a poco, un particolare inaspettato dietro l’altro, e arrivano molto lontani dal loro punto di partenza. È il caso di un dj come Floating Points e della sua electronic dance music che non si può ballare, disseminata di batterie jazz, voluttà di archi e sperdimenti Radiohead: una nebbia visionaria da cui è magnifico farsi avvolgere.
Aloa Input, Mars etc._
Giambattista Vico aveva ragione a parlare di corsi e ricorsi storici, ma non avrebbe mai immaginato che a un certo punto la musica avrebbe preso a riavvolgersi su se stessa a cicli ventennali. Siamo dunque in pieno revival anni Novanta, e un disco come questo Mars etc. aiuta a goderselo, zeppo com’è di quelle stranezze a cui uno come Beck ha rinunciato.
Sleater-Kinney, No cities to love_
Non siamo obbligati a rassegnarci a canzoni vuote come clickbait, e non ringrazieremo mai abbastanza le Sleater-Kinney per avercelo ricordato: No cities to love, così elettrico e imperioso com’è, sembra il primo disco davvero rilevante ascoltato da molto tempo a questa parte.