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Un anno di lavoro, 140 imprenditori e ricercatori coinvolti per individuare le ricette per il futuro dell’economia regionale, una mappa delle 112 tecnologie più promettenti sulle quali investire per rendere competitive le aziende dell’Emilia Romagna. A tracciarla, nell’ambito del progetto Scenari tecnologici per l’Emilia-Romagna, è stato il consorzio Aster, che riunisce la Regione, le Università, gli Enti di ricerca nazionali operanti sul territorio (CNR ed ENEA), l’Unione regionale delle Camere di Commercio e le associazioni imprenditoriali, per promuovere la ricerca industriale e strategica.

Il percorso ha preso il via a inizio 2011, quando Aster si è rivolta alla società di consulenza internazionale Frost&Sullivan per individuare, all’interno dei cosiddetti mega-trend dello sviluppo globale, i 13 più rilevanti per l’Emilia-Romagna. «Su questo abbiamo cominciato a ragionare con interlocutori selezionati, su un orizzonte temporale di 10 anni – spiega il direttore generale del consorzio, Paolo Bonaretti – Non ci siamo limitati all’innovazione dei prodotti esistenti e abbiamo costruito gruppi di lavoro che hanno analizzato 25 pilastri trasversali alle varie tecnologie: il mondo virtuale, l’invecchiamento della popolazione, i nuovi modi di produzione intelligenti e sostenibili a impatto zero, e così via».

L’iniziativa ha mobilitato l’intera comunità scientifica e il sistema di piccole e medie imprese della regione: un risultato significativo, in un contesto come quello italiano in costante deficit di risorse per la ricerca. «Si è trattato di mettere insieme esperienze accademiche e industriali, con il coinvolgimento delle aziende attraverso interviste e analisi – spiega il professor Franco Zambonelli del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio – È lo sforzo che ogni professore universitario fa per il settore ingegneristico di sua competenza, ma l’aspetto significativo di questo progetto è la volontà di renderlo più metodico». Alle sue parole fanno eco quelle di un imprenditore attento all’innovazione come Matteo Vignoli, tra i fondatori di Epoca srl, società che si occupa proprio di integrazione tecnologico-organizzativa: «Far sì che l’università e l’impresa parlino di più e creino insieme progetti innovativi è il grande progetto in grado di generare potenziale sul territorio: far dialogare le prospettive per creare un terreno fertile in cui le idee possano attecchire e diventare nuove imprese».

Si è scoperto così che il tessuto produttivo dell’Emilia-Romagna, nel suo complesso, è pronto per la sfida del futuro, ma presenta alcuni significativi squilibri: «Fortunatamente, in passato si è investito molto sul capitale umano e sulla produzione di tecnologia: rispetto ad altre regioni italiane che producono più beni di consumo, siamo messi meglio – prosegue Bonaretti – Ma dall’ingresso nell’euro la realtà si è fortemente polarizzata: c’è un pezzo d’impresa, in tutti i settori, che ha di fatto ridotto gli investimenti cercando di barcamenarsi. La crisi c’è stata per tutti, ma solo le imprese che hanno continuato a investire, anche indebitandosi, che ora si sono riprese e stanno conquistando i mercati». Non è un compito facile, come racconta Vignoli: «Quando andiamo a proporre le nostre soluzioni ai clienti del territorio, a volte siamo un po’ demotivati perché le imprese sono titubanti. Questo evento, invece, mi ha fatto conoscere molti imprenditori competenti ed energici: una domanda ideale per l’offerta di tecnologia. Si tratta di capire dove siano i grossi clienti che possono supportare la fase innovativa e costruire un percorso che ci permetta di guardare al mondo intero».

Un percorso che dovrà necessariamente investire sui temi tecnologici più significativi emersi dal report. Due tra tutti: la green economy e i sistemi informatici. Di quest’ultimo argomento in particolare si è occupato il professor Zambonelli: «Soprattutto per quanto riguarda le realtà industriali del nostro territorio, la tendenza più rilevante è il passaggio a modelli di produzione di manufatti che diventano entità della Rete. È il concetto di Internet delle cose: se le nostre aziende vogliono sopravvivere devono iniziare a pensare che i prodotti non siano più solo fisici ma anche digitali. Non tutti hanno la capacità di produrre manufatti innovativi, perché ci vogliono la testa e gli investimenti, ma il passaggio da un modello di vendita di oggetti a quello di vendita di servizi, dove il manufatto prodotto diventa un semplice mediatore, invece, è a costo zero».

Quanto all’economia verde, le linee di intervento sono ancora più ampie e rimandano ai temi dell’energia rinnovabile, del risparmio energetico e delle biotecnologie: «Dobbiamo evitare di pensare che la green economy sia solo il fotovoltaico – avverte Bonaretti – L’idea è quella di una conversione ecologica del sistema di produzione e fruizione dei beni, che va dalla lotta allo spreco, grazie anche alle tecnologie dell’informazione, alla chimica verde. Oggi siamo in grado di sostituire quasi completamente i polimeri provenienti da idrocarburi, per esempio tramite bio-raffinerie che utilizzino gli scarti delle produzioni alimentari. Ma l’offerta di prodotti va affiancata a un percorso educativo: quando compriamo una casa, non dobbiamo solo considerare il valore attuale, ma anche quanto ci costerà in consumi energetici in tutto il periodo in cui pagheremo il mutuo. Non esistono, insomma, le tecnologie verdi, ma una politica ecologica di sviluppo del paese che intersechi l’Ict, i materiali, le biotecnologie». Un esempio di innovazione in questa direzione è Bazaar, su cui sta lavorando proprio Epoca srl: «Per conoscere la mappa della qualità dell’aria in tempo reale, basterebbe leggere i sensori di monossido di carbonio delle auto che circolano. Questa integrazione di informazioni e sensori è un tema fortissimo che ha a che fare con tutti i filoni che sono emersi dallo studio». Curiosi di sapere il resto? State connessi.