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Un giro d’affari da oltre 100 milioni di euro all’anno e 300-400 mila persone e, il cui futuro è appeso a quell’enorme dinosauro bianco adagiato a Punta Gabbianara, la cui imponente sagoma è ormai diventata la cartolina gigliese più tristemente famosa nel mondo. I cittadini, che speravano in una sua pronta rimozione, sono stati presto disillusi, quando dopo appena due settimane dal disastro, Franco Gabrielli, capo della Protezione civile e Commissario delegato a gestire l’emergenza, ha messo le mani avanti, dichiarando che “ci vorranno dai sette ai dieci mesi”. Previsione necessariamente generica, che oggi si è già dilatata – si parla di dieci o dodici mesi – e potrà subire ulteriori evoluzioni, dato che solo all’inizio di aprile si saprà quale dei sei progetti presentati da altrettante imprese specializzate nel settore sarà scelto. «Se ci volessero solo sette mesi, ci metterei la firma – commenta Alvaro Andolfi, portavoce del comitato di cittadini, costituitosi spontaneamente per vigilare e informare sulle operazioni – Noi ci batteremo, a costo di fare le barricate, affinché la nave venga portata via intera, ma sia il commissario Gabrielli che la Costa concordano sul fatto che la discriminante non sarà il costo, bensì la qualità del lavoro».

La presenza del relitto a poche decine di metri dal porto crea infatti un duplice problema. Da un lato, complica l’accesso alla banchina da parte dei traghetti, anche se con l’arrivo della bella stagione le difficoltà potrebbero ridursi: «In questo periodo capita che non si riesca a partire, ma d’estate le condizioni meteo marine sono completamente diverse – racconta Franco Sordini, dirigente della Maregiglio, una delle due compagnie che collegano l’isola con la terraferma – La situazione non sarà ottimale, ma se come ha promesso il Comune l’utilizzo delle due banchine sarà ripristinato, dovremmo riuscire a entrare e uscire dal porto». Dall’altro lato, il relitto rappresenta un enorme rischio ambientale per quel mare che nel 2008 fu eletto da Legambiente il più pulito d’Italia. Nonostante lo svuotamento delle 2500 tonnellate di carburante dai serbatoi proceda a pieno regime, infatti, la Costa Concordia rimane una bomba ad orologeria ecologica pronta ad esplodere da un momento all’altro, per la presenza di veleni di ogni tipo (solventi, olii e prodotti chimici vari).

Ad oggi, tutti confermano che la situazione sia sotto controllo, ma l’attenzione resta alta: «Nonostante tutti ci rassicurino, siamo preoccupati e speriamo che il relitto venga rimosso il prima possibile – auspica Andolfi – Ora la nave è ancorata sul fondo ed è in sicurezza, ma la parte terminale della prua è leggermente sollevata, perciò le correnti potrebbero spezzarla». Ed è proprio il rischio inquinamento a sollevare l’incubo della crisi tra operatori turistici e commercianti. «Allo stato di fatto è prematuro fare previsioni – spiega Samantha Brizzi, presidentessa della Pro loco – Può anche darsi che quest’estate l’isola venga invasa dai turisti. E’ chiaro che quando i giornali hanno iniziato a parlare del pericolo di inquinamento, qualcuno si è spaventato e ha disdetto la sua prenotazione; ma la situazione evolve in fretta». Le fa eco Paolo Regina, direttore di Ascom Grosseto: «Per ora non ci sono segnali di problemi, ma tutto dipenderà dall’impatto ambientale». Di dati ufficiali, per ora, manco a parlarne.

Quel che è certo è che l’onda lunga di forze dell’ordine, volontari, giornalisti, fotografi e anche degli immancabili turisti del dolore (che da queste parti non vengono visti di buon occhio), inizialmente rilevante al punto di superare le 1000 unità nel weekend successivo al disastro (contro le 131 del precedente), si è esaurita in fretta. «C’è stato un movimento anomalo di persone, attratte dal macabro spettacolo della nave, ma non sono dati che possano far svoltare una stagione», conferma Regina. E poi l’Isola del Giglio vive di un turismo di qualità, appassionato di pace e di natura, ovvero «di famiglie che si fermano una o due settimane – aggiunge Sordini – Con questi curiosi mordi-e-fuggi, che restano una giornata o un weekend, tutta una serie di strutture non lavorano affatto». Per ora, dunque, ai gigliesi non resta che aspettare, e pianificare una stagione che si spera non porti con sé brutte sorprese. Ma con una consapevolezza: nel mondo, l’isola non si è fatta conoscere solo per la sua sfortuna, ma anche per l’eroismo della sua gente. «E ci sono molte persone – chiosa Andolfi – che hanno chiesto di venire al Giglio anche solo per dimostrare la loro solidarietà».