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Nel terzo millennio una primaria esigenza per l’economia e lo sviluppo è certamente l’accesso al web tramite banda larga. Modem analogici e connessioni da 56 Kbps dovrebbero essere la preistoria del digitale… Ma non è così: nonostante i provider releghino le offerte di connessione lenta nelle pieghe più oscure dei propri listini, in alcune zone d’Italia questa è ancora l’unica via d’accesso al web, l’aggancio per non rimanere tagliati fuori dalla progressiva digitalizzazione di servizi, pubblici e privati.

Il solco che divide territori e popolazione serviti dalla banda larga da quelli che non vi hanno accesso è conosciuto col termine di digital divide, un problema che non è vago e ambiguo, ma concreto e in certi casi diremmo tragico, perché ostacola spesso aree già svantaggiate per altre ragioni (geografiche, per esempio).
Uno studio governativo del 2009 accertava che in Italia il 13% della popolazione, pari a circa 7,8 milioni di individui, non aveva accesso a connessione internet o l’aveva con una banda limitata a non più di 640 Kbps. L’ultimo rapporto del 2011 abbassa le cifre, ma non tanto da metterci sullo stesso piano della media europea: 3 milioni e mezzo di italiani senza banda larga e oltre tremila località con limiti strutturali; il 59% delle abitazioni ha una connessione internet, ma solo l’83% è in banda larga contro quasi l’88% della media europea; infine solo l’8,8% delle connessioni italiane raggiunge la velocità pari o superiore ai 10 Mbps, contro una media UE di 42,2%. Il nostro Paese si salva solo sul fronte della connessioni mobili tramite chiavette USB e card per servizio dati in cui la media nazionale del 9,6% supera quella continentale che si ferma a 7,5%.

Quanto influisce il problema del digital divide sull’economia nazionale? Ben tre o quattro punti di Pil. La stima è dell’Agcom, l’autorità garante delle comunicazioni, che nel suo recente documento sul tema delle liberalizzazioni e della crescita ha chiesto al governo Monti di prendere subito provvedimenti con la progettazione di un’Agenda digitale per il Paese, mettendola tra le priorità assolute proprio perché – si legge – “una recente analisi evidenzia come il livello del Pil pro capite sia superiore di circa il 3-4 punti percentuali una volta che gli investimenti nelle nuove reti a banda larga sono stati realizzati”. L’appello pare essere stato accolto dal Governo Monti che ha approntato una quarta tranche di stanziamenti per il Piano Nazionale della Banda Larga, iniziato nel 2009, che dovrà portare all’allestimento di 2mila chilometri di rete in 400 aree ad alta intensità rurale e distretti produttivi di Veneto, Sicilia, Basilicata, Campania, Lazio, Marche, Molise, Toscana e Sardegna, per un totale di 358mila utenti.

Le reti wireless sono la soluzione per accedere alla banda larga in alcune zone strutturalmente tagliate fuori dalla rete ADSL. Luca Spada è AD di NGI, il provider italiano con la più estesa rete con tecnologia wireless; il suo è il punto di osservazione privilegiato di chi lotta contro il digital divide sostenendo con le proprie reti il tessuto produttivo di zone non servite dall’ADSL. «In Italia, ancor oggi, sono numerose le zone prive di accesso alla banda larga – racconta Luca Spada – e, molte di più erano quelle in digital divide prima dell’avvento della nostra rete wireless Eolo. Sorprendentemente, non si tratta solo di aree remote, ma anche di comprensori ad alta densità di PMI, alle porte delle grandi città. Ad esempio, nel novarese, nel varesotto o nel pavese tante imprese non possono contare sui sistemi tradizionali per l’accesso veloce a Internet. L’Emilia Romagna è una Regione dove stiamo lavorando per aumentare la nostra presenza. Ci siamo inizialmente concentrati su alcune zone, ad esempio il Parmense e alcuni importanti distretti come quello di Langhirano, che è stato oggetto di un grande impegno, e la rete sta gradualmente crescendo nella regione». Ma le reti wireless non sono solo un ripiego per chi non è servito dall’ADSL. «Anche nelle zone coperte da ADSL – continua Spada – inizia a crescere la necessità da parte delle PMI di accedere a connessioni con bande superiori ai 10 Mbps, non erogabili con tecnologie ADSL. Anche in questi casi la nostra rete wireless rappresenta una soluzione definitiva grazie alle offerte di connettività dedicata che permettono velocità di oltre 300 Mbps».
La situazione delle connessioni in banda larga in Emilia Romagna è buona, ma non troppo. Sono svariate infatti le zone problematiche, soprattutto quelle appenniniche. La copertura media regionale della banda larga su rete fissa e wireless raggiunge il 95,2% della popolazione, con un picco del 97,13% nella provincia di Rimini, e un minimo che si registra nella provincia di Piacenza col 91,92%. Nel dato regionale è interessante notare come la copertura dei servizi ADSL su rete fissa con portata superiore ai 2 Mbps sia all’88,71%, mentre la quota di popolazione coperta da servizi a banda larga su reti wireless, come WiMAX o Hiperlan, ammonti al 60,65%.

Gianluca Mazzini è il direttore generale di Lepida, il braccio operativo della Regione Emilia Romagna per lo sviluppo della connettività sul territorio, un ente all’avanguardia che non ha pari in Italia. Nessuno meglio di lui può illustrare la situazione regionale. «Partiamo da una situazione con quasi 1500 unità di commutazione e di queste il 50% non è stato adeguato alla banda larga – illustra Mazzini – Si tratta di una situazione carente e stiamo facendo interventi per renderla soddisfacente: il tema principale è arrivare a una situazione omogenea sul territorio, senza dimenticarsi di nessuno. Certo, abbiamo una continua rincorsa alla tecnologia: ieri 640 Kbps sembravano tanti, oggi si mira a 2 Mbps, ma nel 2020 dovremo avere tra 30 Mbps e 100 Mbps. I servizi, gli applicativi, la multimedialità, hanno un trend di crescita enorme, e con esso i requisiti di banda necessari. Per arrivare ad un livello avanzato, ovunque, sarebbe necessario un livello di investimenti oggi purtroppo non disponibile». In compenso il livello di sfruttamento delle potenzialità della banda larga nella PA è molto buono: «Il traffico che gli Enti stanno realizzando è in continua crescita sia per quanto riguarda Internet sia per quanto riguarda il Sistema di Pubblica Connettività, che è l’ambito di interscambio tra tutte le pubbliche amministrazioni italiane». Gli indirizzi di sviluppo per il futuro sono tre: «In primis aumentare la presenza della banda ultralarga a tutte le PA, anche a quelle site in montagna; aumentare la disponibilità di connettività nei territori oggi meno serviti mettendo a valore gli investimenti realizzati per la PA; rendere fruibile la banda ultralarga presso i Comuni, nelle biblioteche, nelle scuole ed eventualmente nelle piazze».

Proprio la fruibilità di internet attraverso il Wi-Fi nei luoghi pubblici attraverso reti municipali e aperte è uno dei fronti maggiormente in espansione, anche se si tratta di iniziative a livello locale che dipendono strettamente dalle disponibilità finanziaria e dalla lungimiranza delle singole amministrazioni. Giovanni Guerri è il CEO di Guglielmo srl, azienda leader nel campo della connettività tramite access point WiFi. «Credo che il WiFi oggi sia finalmente stato compreso per quello che sono i suoi pregi ed i suoi limiti: non è un semplice optional ma neppure un sistema che può sostituire le reti di accesso geografiche tradizionali. La mia sensazione è che il WiFi potrà diffondersi massicciamente nel momento in cui diventerà complementare agli altri sistemi di accesso mobili e quando potrà essere utilizzato anche per erogare servizi a valore aggiunto». La connettività WiFi come mercato pare però come una via spianata dalla richiesta: «Siamo convinti che la richiesta di WiFi sia destinata a seguire abbastanza fedelmente il mercato di tablet e smartphone. – continua Guerri – Certamente la crisi economica coinvolge tutti i settori e dunque anche quello dell’ICT. Va comunque detto che esistono diversi mercati, come quello hospitality, nel quale il WiFi è ormai definitivamente entrato nella cerchia dei servizi imprescindibili e dunque non è mai oggetto di ridimensionamento in termini di budget».
La corsa al digital divide-zero è quindi in pieno svolgimento, con l’obiettivo di mettere a disposizione ditutti, cittadini e aziende, l’autostrada digitale del futuro (e del presente) chiamata banda larga.