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Tutto ebbe inizio con i Marillion. Fu proprio la storica progressive-rock band inglese, infatti, a scoprire quanto i microfinanziamenti dei loro sostenitori potessero essere importanti per realizzare un progetto: nel 1997 i loro fan americani raccolsero ben 60mila dollari da donare al gruppo tramite una campagna su internet, e questa cifra finanziò il tour della band negli Stati Uniti.

Quasi quindici anni dopo, il web è diventata una realtà imprescindibile, e storie di questo tipo accadono quotidianamente. Il fenomeno si chiama crowdfunding, e il termine italiano più adatto per descriverlo sarebbe azionariato popolare: è l’arte di pubblicizzare un progetto ancora nella sua fase iniziale per ottenere finanziamenti via web da anonimi sostenitori, i quali ricevono in cambio diversi benefit a seconda della quota versata.

Le piattaforme online, su cui i progetti vengono realizzati e finanziati, esistono dal 2008. Molte sono dedicate espressamente al settore delle arti e della creatività, ma ne esistono altre in cui è possibile chiedere donazioni per qualunque tipo di iniziativa: dalla raccolta fondi in occasione di tragedie umanitarie al giornalismo partecipativo, dalla ricerca scientifica alla green economy.

Sta ai portali accettare o meno i progetti che vengono sottoposti: Yancey Strickler, amministratore delegato di Kickstarter.com, spiega che l’azienda accetta di promuovere circa la metà delle idee che arrivano quotidianamente. «Rifiutiamo progetti che siano semplicemente richieste di raccolte fondi – ha spiegato in un’intervista all’Economist – Di quelli che vengono accettati, circa la metà riesce a essere finanziato. Grazie a noi sono stati raccolti oltre 75 milioni di dollari per ben 10mila progetti, da quando il sito è stato lanciato nell’aprile 2009».

E’ proprio Kickstarter a fare da modello per tutti i siti di crowdfunding. L’iscrizione al sito è gratuita, e per prima cosa bisogna sottoporre il proprio progetto per far sì che venga approvato. Una volta superato il primo ostacolo, il creativo dovrà presentare la propria idea nel modo più accattivante possibile per attirare i potenziali finanziatori che navigano nel mare magnum del portale. Inoltre, dovrà fissare una cifra entro la quale il progetto potrà dirsi finanziato, e un limite di tempo per raggiungere tale somma con le donazioni degli utenti. Kickstarter si basa su una formula full or nothing: vale a dire che l’importo totale delle singole donazioni ricevute sarà erogato solo in caso di raggiungimento della cifra prestabilita entro il limite di tempo indicato. In caso contrario, il progetto non sarà finanziato, e i donatori (detti anche backers) non si vedranno prelevare dalle loro carte di credito nemmeno un centesimo.

Sini Anderson è una regista newyorchese, e ha chiesto alla community di Kickstarter di finanziare The punk singer, il suo documentario sulla scena delle riot grrrls. Ha raggiunto l’obiettivo di 44.000 dollari in soli 7 giorni: un risultato sorprendente, ottenuto anche grazie agli accattivanti benefit preparati per i finanziatori. Chi ha donato da 5 a 25 dollari, ad esempio, si dovrà accontentare della cartolina del film autografata dalla regista, ma chi ne ha offerti da 25 a 50 avrà accesso ai primi cinque minuti montati del film, mesi prima dell’uscita della pellicola nelle sale. Il valore dei benefit aumenta dunque col crescere della somma donata: Sini è arrivata a coinvolgere la protagonista del documentario, che ha promesso di riarredare personalmente la stanza di coloro che hanno donato oltre 10mila dollari. Tanti piccoli mattoni, di forma e peso diversi, hanno formato un muro solidissimo: The punk singer si farà, e sarà completato entro il 2012. Alla fine di questo lungo processo, Kickstarter tratterrà solamente il 5% dei finanziamenti ottenuti: se il progetto non fosse stato finanziato, però, nemmeno il portale avrebbe guadagnato nulla. La Anderson manterrà il 100% della proprietà dell’opera (non condividendola né con i finanziatori né con il portale), ma sarà legalmente responsabile dell’erogazione dei benefici promessi ai backers che ne hanno appoggiato il progetto.

Simili modi di finanziare la propria attività possono sembrare azzardati, o un po’ troppo nebulosi, ma sono semplicemente inusuali. Almeno per il momento: per ora Kickstarter è disponibile solo per cittadini statunitensi, ma molte altre piattaforme simili stanno nascendo un po’ ovunque, e sono accessibili anche a potenziali project leader italiani.

L’unico pericolo è quello di esporre il proprio progetto quando è ancora nelle sue fasi iniziali, rischiando che altri possano rubare l’idea e realizzarla in tempi più brevi. Un azzardo non di poco conto, che però nulla toglie alla validità del crowdfunding: un sistema pressoché perfettamente bilanciato, in cui l’unica sfida è quella di produrre un’idea talmente buona da interessare non uno sparuto gruppo di finanziatori, ma una platea potenzialmente infinita di persone che contribuiscono a realizzarla, ciascuno secondo le proprie possibilità. E non è affatto detto che l’azionariato popolare permetta solamente di pensare in piccolo: proprio grazie a Kickstarter, ad esempio, è nato Diaspora, il social network decentralizzato e open source che sta facendo tremare i polsi a giganti come Facebook e Google+. Partito con un obiettivo di appena 10mila dollari, il progetto di 4 studenti della New York University ne ha raccolti oltre 200mila e, grazie alla comunità di sviluppatori aggregatasi su Github.com è rapidamente diventato uno dei social network più diffusi e attenti alla salvaguardia della privacy degli utenti.

One Comment

  • Lucia Di Pasquale ha detto:

    Salve
    Complimenti per l’articolo
    Vorrei aggiungere che il crowdfunding può anche essere un’ottima vetrina sul web per “farsi acquistare”, mi spiego meglio:
    Capita a molte idee di essere incubate e uscire dal sistema “trova fondi”, perchè i portali di crowdfunding vengono controllati anche da molte Major, soprattutto tecnologiche, che in caso l’idea sia di una certa rilevanza tentano di acquisirla.