di Maria Chiara Marchi
A Montalto di Vezzano sul Crostolo ci arrivo all’una con la batteria del cellulare scarica e senza una precisa idea di dove si trovi l’allevamento di Erika. Là scopro che è ben segnalato ed entro con sicumera nel viottolo. Faccio il giro della stalla e provo a chiamarla: “C’è nessuno!?”. Poi mi metto sulla stradina e chiedo informazioni. Spostandosi verso le colline ci si sente già svuotati da stress e rimuginii. Anche la mia rughina sulla fronte si distende. Prima di rilassarmi troppo, trovo la sua abitazione. Faccio lo slalom tra gatti, cani e galline messi ko dall’afa e raggiungo Erika, sulla porta, che mi porge la mano e mi accoglie in casa. è la prima volta che intervisto una ragazza più giovane di me, ma fin da subito ho la consapevolezza di avere a che fare con una Donna.
Come è diventata allevatrice?
“Sono nata qui tra gli animali e l’amore per loro ha radici lontane”.
Nel numero scorso abbiamo intervistato un altro allevatore di chianine, Umberto Bigi, di sua conoscenza. Bigi per lei è…?
“Un allevatore e un imprenditore che, nonostante la sua grande esperienza, dice che ‘Ogni giorno si impara qualcosa di nuovo’. Anche ieri ci siamo trovati per un confronto perchè quelli che alleviamo sono animali un po’ particolari: le chianine sono autonome e un pò ‘sclerotiche’ rispetto alle mucche da latte che invece sono più docili. Ma le chianine hanno anche un fortissimo istinto materno, sono stupende coi loro vitelli. Bigi ci ha aiutato a progettare e costruire la stalla e ci ha anche accompagnati in Toscana a prendere le vacche, e i primi tempi ci è stato molto vicino con i suoi consigli. Anche adesso continuiamo a vederci e a confrontarci”.
Come funziona la vendita della carne?
“Per il momento non abbiamo un spaccio interno (ma lo stiamo costruendo). Vendiamo a privati e ristoranti: è una filiera molto corta e questo permette di avere costi più bassi. Stiamo cercando nuovi canali di vendita, locali, birrerie in cui poter far conoscere questo tipo di carne. La gente associa la Chianina alla fiorentina, ma in realtà ci sono tante altre parti che che andrebbero valorizzate per il loro pregio”.
Chi lavora con lei?
“Mio papà”.
Per la serie “nel mulino che vorrei”, com’è l’allevamento dei suoi sogni?
“Il nostro… è un allevamento a ciclo chiuso, nascono i vitelli da noi, le mamme li allevano, poi, quelli che devono andare al macello escono dalla nostra stalla e gli altri continuano il loro percorso di vita. Il fieno, i cereali li facciamo noi e anche quello che dobbiamo acquistare è tutto rigorosamente biologico. Più di così?! Si può sempre migliorare, ma siamo sulla buona strada. Vedremo quando sarà realizzato lo spaccio se riusciremo a vendere altri derivati di nostra produzione”.
Cosa insegna questo tipo di mestiere?
“Ad essere autonomi, indipendenti, a sapersi organizzare e ad essere molto elastici perchè bisogna seguire i ritmi e le esigenze degli animali. Questo mestiere forma il carattere”.
Qual è il vantaggio di lavorare con una mucca anzichè con un pc?
“Tutti e due non parlano, ma la soddisfazione che ti dà un animale quando lo aiuti magari dopo un parto o quando accudisci i suoi vitelli è impagabile… Sono soddisfazioni che un computer di certo non ti dà. E comunque anche se non parlano, possiedono un’intelligenza superiore a quella umana. Non riescono ad esprimerla, ed è il loro unico difetto”.
Cosa sogna per il suo futuro?
“Ne ho tanti di sogni. Spererei un futuro migliore per l’economia e più valorizzazione per l’agricoltura. A livello personale vorrei sistemare l’azienda, continuare a gestire questo allevamento. Non voglio allargarlo perchè si può correre il rischio di tralasciare dettagli che danno valore aggiunto. Poi vorrei un altro figlio e mi piacerebbe che si appassionasse a questo mestiere, ma se volesse fare il parrucchiere, io non avreiproblemi. Così avrò il parrucchiere in casa (ride)”.
Perchè la gente si lamenta del traffico e dell’inquinamento cittadino, ma ci resta? Sindrome di Stoccolma?
“La gente ama il silenzio ma lo cerca solo in alcuni week end. La gente ha paura a rimanerci, nel silenzio”.
Se non avesse fatto l’allevatrice?
“Non c’ho mai pensato. Dopo la facoltà di Agraria sapevo solo che non volevo stare in un ufficio. Ho insegnato due anni e mi è piaciuto molto, ma poi ho sùbito il fascino degli animali…”
Quando ci si approccia a persone che hanno fatto scelte di vita controcorrente come la sua ci si sente catapultati in un’altra dimensione, che sembra quella della “piena libertà”. In famiglia c’è stata approvazione?
“Mia mamma non era (e non è) molto d’accordo. Le spiace che non abbia uno stipendio fisso e che non abbia i fine settimana liberi. Avrebbe preferito qualcos’altro per me, ma quando c’è la passione è inutile remare contro”.
Giornata tipo?
“Sveglia alle 7, non sono molto mattiniera. Le mie mucche le ho abituate abbastanza bene, se arrivo in stalla un pò prima del solito le trovo ancora sdraiate. Non essendoci la mungitura non c’è necessità di andar là presto. Do loro da mangiare, pulisco la stalla, verso le 9 torno a casa e faccio colazione col mio bimbo e poi si parte a fare i lavori di campagna a seconda della stagione. Il pomeriggio tardi si torna in stalla, poi orti, campi… Se alla sera mi rimane il tempo e la forza vado a fare un giro. Ma la forza rimane sempre. Volere è potere”.