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Interviste

Abbandonare il sogno per cogliere una sfida

Di 16/06/2010Marzo 15th, 20232 Comments
"La vita e i sogni sono pagine  di uno stesso libro" Arthur Schopenhauer

"La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro" Arthur Schopenhauer

di Francesca Meschieri

Chi l’ha detto che un’imprenditrice non può essere giovane e bella? E chi si immaginerebbe, che potrebbe anche essere ambiziosa e molto preparata? Forse i tempi sono cambiati, ma quando Cinzia Lucenti (poco più che maggiorenne) prese in mano le redini dell’azienda, le reticenze nei suoi confronti, non mancarono di certo.

Cinzia, cosa può spingere una ragazza di 20 anni verso tutte le responsabilità che possono derivare dalla gestione di un’attività imprenditoriale? “Il mio è un classico esempio di passaggio generazionale quasi obbligato: mio fratello era praticamente un bambino all’epoca e mio padre dovette improvvisamente lasciare l’azienda per motivi di salute: non c’era un’alternativa, così iniziai a lavorare abbandonando il sogno di studiare lingue e viaggiare per il mondo. All’inizio è stato difficilissimo, ho trascorso due anni di grande confusione ma con il tempo le cose si sono sistemate”.

Oggi, dopo aver trascorso altrettanti anni di lavoro in azienda, come viene vissuto il suo ruolo? (la Feredil s.r.l. di Bosco di Scandiano è un’azienda attiva nei settori metalmeccanico ed edile, specializzata nella lavorazione e vendita del ferro, ndr) “Il nostro è un settore prettamente maschile, direi praticamente dominato dalla presenza di uomini. Anche noi, in Feredil, abbiamo spesso dovuto rinunciare alla mano d’opera femminile perché il tipo di manualità richiesta è decisamente diverso. Detto questo, a parte le normali difficoltà iniziali, con i miei dipendenti ho instaurato davvero un ottimo rapporto e mi piace sapere di essere considerata un punto di riferimento, perché significa che sono riuscita a conquistare la loro fiducia grazie all’impegno che ho messo nel lavoro. Questo è anche il messaggio che, come associazione (Cinzia è Vicepresidente dei Giovani Imprenditori Confapi Reggio Emilia, ndr), cerchiamo di trasmettere quando incontriamo i ragazzi nelle scuole: essere imprenditore significa soprattutto essere professionisti nel proprio settore. Vogliamo far capire che occorre essere persone preparate, capaci di porsi obiettivi sempre nuovi, mettersi continuamente in gioco. Far capire insomma che è un ruolo difficile ma che dà tante soddisfazioni. Che occorre impegno e volontà di cambiare le cose”.

Nel suo ruolo di vicepresidente del Gruppo Giovani Imprenditori Unionapi Emilia Romagna le capiterà spesso di incontrare altri imprenditori della sua generazione: cosa vi accomuna e cosa invece vi distanzia dalla generazione precedente? “Certamente noi possediamo maggiore entusiasmo e apertura mentale, non soltanto verso le nuove tecnologie ma anche nell’approcciarci ad un metodo di lavoro che è frutto dei tempi.
Credo che gli imprenditori della mia generazione abbiano avuto molte occasioni per dimostrare il proprio valore, in alcuni casi con risultati davvero meritevoli… piuttosto spesso si tende a minimizzare l’apporto della nostra generazione. Bisognerebbe tornare ad una meritocrazia diffusa, dove chi ha i numeri va avanti e chi non li ha non può trovare scorciatoie per stare in posti che non merita. C’è bisogno di più concretezza e pragmaticità e di meno finanza creativa…”.

Alla consegna del Premio IM 2009 (il convegno Leader d’autore, organizzato dalla rivista Imprenditori e tenutosi lo scorso 14 ottobre) lei era tra le finaliste come esempio di leadership al femminile proprio per la sua storia e le sue scelte. Cosa ne pensa del ruolo delle donne come dirigenti? “Se ci penso, mi vengono in mente due categorie di donne imprenditrici: quelle che, nonostante il lavoro, mantengono la loro naturale femminilità, la loro vita e caratteristiche di genere e quelle che al contrario le negano perché hanno paura che la loro condizione venga vissuta dagli altri come una debolezza. Per questo ho sempre creduto che il problema non sia un problema di “genere” ma, più semplicemente, di carattere e indole personali. Detto questo bisogna ammettere che le donne sono solitamente più flessibili degli uomini, perché abituate a gestire diverse priorità (come la famiglia e i figli).
Gli uomini, d’altro canto, sono più risoluti ma meno intraprendenti. Ognuno dovrebbe poter avere la possibilità di riconoscere ed utilizzare i propri punti di forza, accettando le debolezze e soprattutto l’aiuto degli altri”.

Lei è una donna sicuramente realizzata nel lavoro dal quale ottiene grandi soddisfazioni. C’è qualcosa che le manca nella vita per essere davvero felice? “Io credo di essere molto fortunata, perché ho avuto al mio fianco una stupenda famiglia e soprattutto la figura di mio padre che è stato sempre una guida insostituibile.
Per il resto sono una donna forte e determinata e le sfide, così come i problemi, non fanno altro che stimolarmi ancora di più”.

E le sue passioni, lavoro a parte? “Mi piace moltissimo leggere, divoro diversi libri a settimana. L’ultimo che sto leggendo, l’ho sottratto a mia figlia: è Il tempo che vorrei di Fabio Volo. Mi ha appassionato subito. Oltre a questo adoro viaggiare: il mio sogno era studiare lingue e scoprire il mondo. E poi c’è il tennis, la passione più grande. Anzi dobbiamo sbrigarci: tra un’ora devo essere in campo per gli allenamenti e non posso fare tardi!”

2 Comments

  • FLORA ha detto:

    Complimenti

  • Eugene ha detto:

    what do I think?
    2 things:

    – solitamente chi è imprenditore a 20 anni può farlo solo nell’ovattata azienda di papà (parliamo di un’azienda, non di un bar o una cartoleria). Poi è chiaro che se le qualità ci sono si fa bene altrimenti si va comunque poco lontano, ma quanti giovani ci sono validissimi e che non hanno l’opportunità di emergere perchè non si trovano nulla di già pronto e anzi incontrano chi distrugge speranze e sterilizza le idee?

    – c’è chi legge fabio volo e pensa di essere appassionato di letteratura (come se leggendo focus mi sentissi un astrofisico)

    Buon tennis a tutti.