Skip to main content
CulturaInterviste

Cara Mirellina mia…

Di 05/05/2010Marzo 15th, 2023No Comments
  Il sistema esige la mediocrità, non la grandezza.  Il sistema è basato sul lavoro. Il lavoro connesso all'arte è banalità (Saul Bellow)

Mirella Freni con Nicolai Ghiaurov

di Agnese Spinelli

La prima volta che la vedo, Mirella Freni, sta tenendo una lezione. E’ molto concentrata, pensierosa e sbrigativa nel dirmi che ci si vede dopo, una volta finita l’ora. Quando la rivedo, a distanza di una decina di minuti, mi si avvicina con calore ed inizia a parlare del più e del meno, salutando un paio di studentesse con un affettuosissimo “Ciao cocca”. Gli occhi più grandi, luminosi, il fare confidenziale ma deciso, il calore e la curiosità che sprigiona mi mettono subito a mio agio ma mi fanno anche venire qualche dubbio sul fatto che sia la stessa persona di prima. Eppure è lei: tanto concentrata e determinata mentre insegna ai suoi ragazzi, tanto cordiale ed espansiva nel raccontare la sua vita da diva del palcoscenico.

Ascoltare Mirella Freni è una vera gioia: parla con grande trasporto della sua vita, dei suoi allievi (dei quali, mi accorgo ben presto, sa tutto: data di nascita, nome del fidanzato, città natale…), della sua famiglia e degli amici di una vita: ‘Lucianone’ Pavarotti, James – ‘Jimmy’ – Levine che le regalò il suo prezioso anello portafortuna, Herbert von Karajan, Maria Callas, Placido Domingo, fino a Nicolai Ghiaurov (con lei nella foto), grande amore della Freni al quale ha dedicato la Fondazione che oggi dirige. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di domande: la Freni passa leggera da un discorso all’altro e da un registro all’altro mettendo in luce con grande naturalezza la sua vita sopra le righe, il suo essere profondamente modenese ma anche diva di un mondo dove il divismo era ancora qualcosa che faceva sognare. Una signora pratica e risoluta, come solo le emiliane sanno essere, ma anche romanticamente cosmopolita mentre racconta, questa volta quasi senza parlare, i lunghi minuti prima di un debutto, quando sul palco la paura mette a dura prova anche le grandi voci. Quello che colpisce di lei è la capacità di stupirsi e appassionarsi alle cose. Di ridere e incuriosirsi. Anche per un’intervista. L’ennesima…

Signora Freni… ma lei… quante interviste ha fatto nella vita?
“Mo mama…. chissà! Tante, tante da aver perso il conto. Non ne parliamo…”.
E così, si inizia.

Lei è stata dapprima una bambina prodigio ma anche un soprano con una carriera lunghissima. Le è stato chiaro fin da subito quale era la sua strada e che aveva qualcosa di speciale, dentro?
“Mia mamma mi ha raccontato che le avrei detto a soli cinque anni che da grande avrei fatto la cantante lirica. E lì mio papà ha cominciato a preoccuparsi! Devo dire che nella mia famiglia la lirica era molto apprezzata e io sono cresciuta in un ambiente fecondo a cui devo molto”.

E’ per questo che oggi, per lei, è così importante investire nella formazione di una nuova generazone di cantanti (e pianisti) lirici? (Mirella Freni è Presidente del Cubec e della Fondazione Ghiaurov che offre ai giovani talenti un percorso di Alta Formazione artistica creato in base alle esigenze della professionalità dell’opera lirica).
“A dir la verità non avrei mai pensato di insegnare, un giorno. Saper fare qualcosa non vuol dire saperlo anche trasmettere agli altri. Quando mi hanno chiesto di aprire una scuola la cosa mi ha spiazzato e non ho dormito per una settimana. Avevo paura di non esserne capace. E poi è dura dover decidere del futuro di altre persone. Io ho un carattere particolare: se mi si presenta qui un ragazzo che non credo avere le doti giuste lo mando a casa. Non sopporterei l’idea di illuderlo e di rovinargli la vita per un sogno irrealizzabile. Da questo punto di vista sono molto severa ma credo che questo sia sinonimo di serietà. E poi sono sempre stata molto severa con me stessa… Lo sono anche con loro. Glielo devo!”.

Cosa la rende la straordinaria insegnante che è? (lo dicono i suoi ragazzi, ma non c’è n’è bisogno: appena entra le si raccolgono attorno, cercano i suoi consigli, l’approvazione, lo stimolo in più. Si vede che è il loro fondamentale punto di riferimento. E forse non solo nel canto).
“Mi sono sempre messa in discussione. Anche quando le persone che avevo attorno mi dicevano che ero bravissima, che ero entrata in un ruolo, da me ho sempre preteso di più. Mi mettevo allo specchio e mi esercitavo. “Cara Mirellina mia – mi dicevo – si può fare di meglio”. Io ho studiato a fondo la muscolatura, il fiato, l’espressione, fatto prove su prove. Ed è per questa grande e profonda conoscenza del corpo e delle sue possibilità che oggi non ho difficoltà a spiegare ad uno studente cosa deve fare.”.

Quanto le ci vuole a capire se qualcuno ha talento?
“Oh poco, poco. Ma, come dicevo prima, la voce non è sufficiente. Bisogna lavorare tanto, migliorarsi, stupirsi. Ci sono ragazzi molto dotati che ad un certo punto si bloccano e non riescono a superarsi. Io cerco, anche in maniera molto dura, di stimolarli. A volte si arriva allo scontro e lo si supera, altre volte devo abbandonare. E’ molto dura in quei casi. Ma o si va avanti o non si va.
Fare il cantante lirico è un mestiere meraviglioso ma anche molto pesante: se credo che qualcuno non abbia tutte le carte non voglio essere la persona che lo ha spinto nella direzione sbagliata. Oggi poi mi rendo conto che i giovani hanno poca pazienza. Non tutti. Ma tanti, troppi, pretendono di avere tutto subito. Contano solo sulla voce e non lavorano sul resto. Sono talenti buttati. Io non vado più nemmeno a teatro: vedo troppi urlatori. Persone che studiano un’aria ma non sanno quello che stanno cantando. Far crescere dei nuovi talenti è una grande lotta. Ma io non mollo! – ride -. Sono tosta io!”.

Nella sua lunga carriera lei è stata capace di affrontare tantissimi personaggi, reinventandosi continuamente…
“Il punto è proprio questo: saper aspettare, lavorare duro, conoscere i propri limiti. Non ci sono scorciatoie. Mettiamola così: se fossi un boxeur sarei un peso medio e lavorerei per diventare il migliore dei pesi medi. Non mi metterei a combattere con i pesi massimi, per essere un peso massimo mediocre. Io, nella mia carriera, ho fatto cose che non avrei mai immaginato agli inizi. Il tempo, l’esperienza, la vita – per interpretare qualcosa di profondo bisogna aver vissuto, conosciuto, amato – mi hanno messo nella condizione di esplorare cose nuove, facendomi scegliere piano piano ruoli diversi, che mi assomigliassero. Ho voluto fare al meglio quelli ma non mi sono mai buttata troppo oltre, in ruoli che non erano per me. E non è paura questa, è profonda conoscenza – e rispetto – di se stessi. Le cose vanno fatte comunque con gioia: la sfida continua, fine a se stessa, non ha senso. E io da buona emiliana sono una coi piedi per terra”.

C’è spazio nella sua vita… per altre passioni? (Mirella Freni strabuzza gli occhi e mi guarda con aria attonita).
“Ci mancherebbe… certo che si! Il calcio, ad esempio. Lo sa che io sono una milanista sfegatata?!? Il calcio viene subito dopo la lirica. Io e Nicolai andavamo sempre allo stadio assieme, anche se lui era interista. Ma eravamo contenti per la squadra dell’altro, se vinceva. L’unico problema era il derby!”.

E qui, finisce la mia intervista. Rimaniamo ancora parecchio al tavolo assieme a Mirella, Michele Montanari – il Presidente della Fondazione – e Davide Crivellaro, mio amico ed esperto di lirica grazie al quale ho potuto scoprire una storia – ed una persona – straordinaria come quella della Freni. Si parla di figli, genitori, nipoti e sorelle, calcio, cibo, Bulgaria, ombrelli giapponesi, acuti e palchi, valigie (“odio farle e disfarle. Ma sono un piccione viaggiatore, con l’eterna valigia pronta per partire”), anelli, soprannomi (“’La dolce Freni’ è ironico perchè io sono una ‘capatosta’, chi ha lavorato con me lo sa eccome…”), città (Milano, Vienna, New York, Monaco, Parigi… le capitali che l’hanno incoronata regina della lirica), religione (“credo che ci sia qualcuno lassù che mi ama”), del futuro, della libertà di potersi ammalare (“prima un raffreddore era un incubo!”) e di essere “meno educata di una volta. Adesso dico e faccio quello che voglio. Che meraviglia!”.