
Fango come materia prima. Mattoni di fango. Case di fango.
di Marco Bagni (8^ puntata)
Un mese a Bangkok dopo le avventure mongole e birmane equivale ad un ritorno alla civiltà moderna. Tecnologia, follia, agi, vizi e sorrisi mi incastrano in questa terra a 5 stelle… Thailandia: prima o poi tutti ci cadono dentro, e giustamente in molti si scordano di uscirne… Che dire della Thailandia che già non si sappia? Splendide spiagge incontaminate, squisito cibo esotico, accoglienza a 5 stelle, e tanti extra non presenti nel menu ma inclusi nel prezzo.
Per il mondo intero Thai è sinonimo di esotismo, vacanza, relax, divertimento, easy travel. Beh, lo è stato anche per me. Tutti gli ideali costruiti in questi mesi sul viaggio eticamente avventuroso, orgogliosamente lontano dalla civiltà e dai percorsi turistici, apparentemente a buon mercato, me li sono lasciati alle spalle dopo cinque minuti dall’ingresso nel Paese. Arreso alla facilità, al confort, ai sorrisi e agli optional la Thailandia mi ha riportato alla civiltà moderna. A Bangkok ho chiuso il mio Ciclo Iniziatico “Villaggio-Metropoli” iniziato con l’antipasto Mongolia, per poi perdermi nelle montagne Cinesi fino ai confini con il Tibet, in Sichuan e Yunnan, e poi Laos, Cambogia e Birmania. E dopo tanti mesi eccomi stanco, sudato e sporco, seduto sull’ennesima auto da cui ho visto le prime luci di Bangkok luccicare in lontananza: a bocca aperta ed incollato al finestrino ho visto sfilare davanti ai miei occhi tutti i simboli e le icone della società alla quale ho sempre appartenuto, nella quale sono cresciuto, alla quale mi sono a volte adolescenzialmente ribellato e dalla quale mi sono staccato per qualche mese.
Improvvisamente ho realizzato che mentre io ero nel deserto a riconciliarmi con la natura e la vita selvaggia il mondo è andato avanti anche senza di me e a quanto pare non gli sono mancato poi molto. E mentre vedo nuova tecnologia che imperversa, nuova materialità che ci schiavizza, nuovi bisogni che ci accecano e nuove crisi a cui il mondo deve far fronte, io mi sento libero. Il trovarsi un giorno tra indigeni che a malapena riescono a soddisfare i bisogni primari e poi piombare in mezzo a chi consuma 1 e spreca 4 ha le sue conseguenze. La difficoltà nel delineare la complessità della natura umana a volte mi sconcerta.
Sorridendo mi do il benvenuto in Thailandia: tutte le domande post-moderne vengono messe nel cassetto e si rincomincia il ritmo di vita rock’n’roll -. Alla fine, caro Marco, te lo sei meritato! Una Thailandia moderna e globale più che mai, che sa fare buon business coi Farang (gli Occidentali), dove i 7-eleven (catena di negozi di prossimità che possiede il maggior numero di punti vendita al mondo) sono aperti 24 ore su 24, che ogni anno diventa meno esotica e più costosa e dove ci si vizia ‘perchè si è in vacanza’. Ma una Thailandia comunque ancorata alle tradizioni Buddiste e ad un certo conservatorismo (certo non a Pattaya o Puket).
Questo mix di spiagge e puttane versus spiritualità e monaci Buddisti finisce per dare un’energia particolare a questo paese, moderno ma al tempo stesso antico, dove East e West convivono, ognuno nei propri business, a braccetto. Un mese a Bangkok è equivalso a tanti amici, amiche, lunghe notti, corti pomeriggi, albe e tramonti; vita da squat fatta di giocoleria, birra e musica elettronica. Ed è stato anche il paese in cui ho deciso di far cadere uno dei mie ultimi tabù in fatto di cibo: finalmente ho affrontato il nemico e una sera ad una bancarella che vendeva insetti ho fatto razzia. Prima ho osservato esterrefatto i bambini che accorrevano gioiosi e si apprestavano a gustare leccornie locali come cavallette e lombrichi. Poi è giunta la mia ora: prima i vermi, poi gli insetti di ogni tipo e dimensione. Fino all’ultimo livello: lo scarafaggio! Ammetto che non sono riuscito a finirlo ma un’altra pagine della mia vita è stata scritta! Ed ora… Malesia!