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La verde Europa

Di 08/03/2010Marzo 15th, 2023No Comments

europa_fondo_optdi Anna Salami

Sin da quando l’idea di un’unione di stati europei aveva ancora il dolce sapore dell’utopia, lo sviluppo di una politica condivisa nel settore dell’agricoltura ha costituito uno degli obiettivi e una delle ragioni fondanti del progetto europeo. E se nel 1957 gli stati aderenti al Trattato di Roma si impegnavano solennemente per far fronte alla necessità di produrre cibo sufficiente per un’Europa che usciva da un decennio di carestie dovute alla guerra, nel corso di oltre cinquant’anni gli obiettivi e le misure della politica comune in materia agricola sono andati a modificarsi e ad articolarsi per rispondere a nuove esigenze e a nuove sfide.

Oggi la politica agricola comune e quella di sviluppo rurale continuano ad essere tra le più importanti dell’Unione europea (42% del bilancio comunitario) e come ci illustra Giuseppe Todeschini, dirigente dell’Assessorato provinciale all’Agricoltura e all’Alimentazione della Provincia di Modena, “gli interventi in questo ambito fanno riferimento ad un ampio ventaglio di temi: la tutela dell’agricoltore quale tutore del territorio; la qualità del prodotto agro-alimentare; la sicurezza alimentare e la fiducia dei consumatori; la tutela dell’ambiente rurale; l’assistenza al mondo rurale; la politica agricola per i nuovi stati membri. Nello specifico gli interventi possono riguardare la formazione, la consulenza, il finanziamento di progetti, ad esempio, per la realizzazione di agriturismi o l’impiego di fonti energetiche alternative… In ogni caso, è da sottolineare l’intenzione dell’Unione di promuovere iniziative capaci di valorizzare le dimensioni della collaborazione – progetti di filiera, collaborazioni tra aziende del territorio o di diversi Stati membri – e dell’innovazione – come i progetti di innovazione tecnologica dei mezzi di produzione”.

“Da un punto di vista formale, le tante azioni e misure adottate a livello comunitario per sostenere il settore dell’agricoltura – spiega Carla Cavallini, direttrice di Europe Direct – Carrefour Europeo Emilia, centro d’informazione dell’Unione europea specializzato proprio sulle tematiche del mondo agricolo – fanno riferimento fondamentalmente a due pilastri: quello principale della Politica Agricola Comune (PAC) a sostegno dei mercati agricoli e, a supporto di questo, gli interventi per lo Sviluppo Rurale – volti a sostenere, ad esempio, progetti per la tutela ambientale o progetti di sviluppo imprenditoriale per incentivare i giovani ad entrare nel mondo dell’agricoltura. La PAC, nata come sostegno ai prezzi, è stata più volte riformata ed è divenuta oggi principalmente un intervento di integrazione al reddito per andare incontro alle difficoltà degli agricoltori – che vengono pagati sempre meno nonostante il prezzo dei prodotti che acquistiamo continui ad aumentare. Il divario si spiega con il fatto che l’offerta agricola è estremamente frammentata, dal momento che esistono tantissimi produttori, mentre la domanda iper-concentrata, essendo i primi acquirenti troppo pochi a confronto”.

Nel caso degli interventi allo sviluppo rurale, il senso del sostegno parte, invece, da tutt’altro presupposto. L’idea alla base è che l’agricoltore sia il fornitore di beni e servizi ambientali pubblici e che pertanto il suo lavoro debba essere opportunamente riconosciuto e sostenuto. “Grazie al lavoro di cura del territorio che svolge – dalla pulizia dei boschi e dei canali, alla disponibilità a intervenire allo sgombero delle strade in caso di neve in inverno – l’agricoltore salvaguarda dai rischi ambientali, oltre a contribuire alla conservazione di paesaggi di rilevanza culturale e in generale a prevenire l’abbandono del territorio.” Proprio per queste ragioni, gli interventi per lo sviluppo rurale risulterebbero più giustificabili e comprensibili delle misure della PAC e anche per questo motivo a questi è stata trasferita parte (11%) della quota della spesa agricola (34%) del bilancio comunitario per il periodo 2007-2013. Nel considerare il senso degli interventi comunitari è importante tener conto, tuttavia, anche di altri aspetti legati all’impegno a cui il mondo dell’agricoltura è chiamato. Come puntualizza Giuseppe Todeschini “i contributi comunitari non sono da intendersi come un semplice sostegno, piuttosto come incentivi che vanno a supportare un’iniziativa imprenditoriale. Questo, da parte degli agricoltori, significa pensare da imprenditori, aver chiaro l’obiettivo della propria impresa, la mission della propria attività, a definire quindi un piano di sviluppo della propria azienda e maturare una professionalità che implica, tra le altre cose, il rispetto di precise norme etico-ambientali”.

Nel futuro la storia delle politiche agricole comuni, lungi dall’essere arrivata ad una fine, vedrà nuovi cambiamenti e riforme. In seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, al Parlamento europeo sono stati assegnati nuovi ambiti di competenza, tra questi anche quello relativo alle politiche agricole. “Credo che questa novità per i territori sia molto importante – commenta Carla Cavallini – perché significa avere ulteriori interlocutori per le proprie richieste, non solo il ministro dell’agricoltura come accadeva prima, ma anche i parlamentari europei”. E se è ancora troppo presto per discutere del destino dei finanziamenti comunitari all’agricoltura dopo il 2013, “è anche vero che l’impegno preso dal nuovo Commissario all’agricoltura Ciolos nel difendere a tutti i costi la PAC fa ben sperare”, conclude la Cavallini.

In questo scenario ancora in via di definizione, una cosa è certa. La messa a punto del nuovo bilancio UE e la decisione sui finanziamenti da devolvere al settore agricolo rappresentano una grande sfida per l’Unione: saranno, infatti, un banco di prova che testerà non soltanto il grado di convinzione sul senso della PAC, ma in generale del progetto di un’Europa unita. L’agricoltore salvaguarda dai rischi ambientali oltre a contribuire alla conservazione dEi paesaggi e a prevenire l’abbandono del territorio. Per questo la sua figura è assimilata a quella di un tutore ambientale e come tale l’UNIONE EUROPEA vuole riconoscerlo e sostenerlo.