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FullSizeRender-31Affrontare nuovi scenari con vecchie idee? Una velleità. Ogni imprenditore che si rispetti lo sa bene. Ma pur essendo un principio chiarissimo, c’è una “forza naturale” che lo complica: parliamo dell’abitudine, del pilota automatico, di ciò che è comodo perché collaudato ma che, appunto, potrebbe essere out of date. Dodici imprenditori hanno cominciato un viaggio di innovazione proprio da qui. Questa è la loro storia.

Sono passati ormai diversi anni dall’inizio di quella che abbiamo imparato a chiamare semplicemente la crisi. Tutti hanno imparato a conoscere termini come recessione e stagnazione del mercato, e purtroppo anche a conviverci. Ma l’abitudine non coincide con la necessità. Mantenere viva e vitale un’impresa oggi comporta una forte capacità di farla evolvere, se necessario anche riconvertire. Perché in un mercato sempre più esigente e competitivo, chi non si trova pronto a cambiare in tempi brevi viene travolto o sorpassato da quei concorrenti che nel frattempo hanno trovato soluzioni migliori e più economiche. Le piccole e medie imprese non possono permettersi di reagire al mercato in ritardo, e quelle che restano isolate, in un’ottica localistica e senza una visione di sharing, sono destinate al declino.

I tempi richiedono a imprese e imprenditori di mettersi in gioco, di essere pronti a cogliere idee e suggestioni, di inventare.

E l’innovazione passa anche dalla condivisione, dal confronto di esperienze e competenze diverse, da nuovi saperi e nuovi strumenti, dall’intuizione e dalla fantasia. Sulla base di questi presupposti è nato l’esperimento di innovazione che abbiamo portato avanti negli ultimi dieci mesi. Dodici imprenditori hanno raccolto la sfida che abbiamo lanciato alla fine del convegno 2014 (Conoscitestesso2) e, con l’aiuto di alcuni tutor e professionisti di varie discipline, si sono allenati a collaborare, a stimolare la creatività, a confrontarsi reciprocamente con l’obiettivo di generare idee di business innovativo. Oggi questo esperimento si è trasformato in un prototipo che potrebbe diventare una startup. Una sfida quindi, lancita da Imprenditori e Kaiti expansion, con il conforto e il confronto di una similare esperienza di successo organizzato dal Centro per l’Innovazione e lo Sviluppo Economico della Cciaa di Forlì-Cesena.

«La vera innovazione sta nel modo di pensare, quindi di essere e agire – racconta Davide Caiti, presidente di Kaiti Expansion – Si è innovativi quando si ha la capacità di immaginare un futuro possibile, quando si ha la sensibilità di lasciarsi contaminare dal vissuto, dall’ambiente, dalla cultura, dalle relazioni. Per essere innovativi bisogna mantenere un’apertura e una curiosità a tutto campo, soprattutto in una condizione di mercato evoluto come quello odierno. Troppo spesso queste considerazioni essenziali, che possono anche sembrare elementari, vengono invece dimenticate. Proprio per questo che abbiamo voluto un progetto come quello del Lab: un esperimento per stimolare una nuova o rinnovata imprenditorialità».

E dodici imprenditori lo hanno fatto fino in fondo, coltivando il loro intuito creativo fino alle soglie della creazione di una startup. Ma non sveliamo subito il finale. Procediamo con ordine.

In gioco, in dodici

Sono dodici i partecipanti a questo esperimento. Imprenditori e professionisti affermati, ognuno in un campo diverso. Ognuno ha la propria storia, il proprio carattere, le proprie competenze, le proprie esperienze. Ciascuno di loro ha le proprie motivazioni e le proprie convinzioni. In comune hanno sicuramente il coraggio di mettersi in discussione, la determinazione di impegnare il proprio tempo in un percorso inedito e inesplorato. Nessun certezza su dove si arriverà, insieme. Ce n’è abbastanza per essere almeno un po’ a disagio. Ma i dodici non sono soli. A guidarli su questo percorso ci sono due esperti tutor che seguono passo passo, prendendosi cura di loro: Laura Torricelli, psicoterapeuta e Luca Ferri, coach. Sono loro a raccontarci cosa ha significato concretamente questo viaggio.

Via il vecchio…

Non tutti hanno la consapevolezza del pilota automatico che guia il nostro cervello, programmato con millenni di evoluzione, ai quali si aggiungono gli anni di esperienze e convinzioni personali. Per ragioni naturali di conservazione dell’energia è spesso lui che prende il timone delle nostre scelte, senza che gli venga richiesto, ma quasi sempre senza che ne abbiamo contezza. Ma affrontare una rotta sconosciuta e difficile col pilota automatico inserito è quasi una garanzia di disastro. Da qui ha preso le mosse il Lab. «Più che che sull’azzeramento del pilota automatico, quello su cui abbiamo lavorato è il suo riconoscimento, come anche il riconoscimento dei preconcetti e la conseguente capacità di aggirarli – racconta il coach Luca Ferri – In sostanza si è trattato di imparare a capire come funziona il proprio pilota automatico e imparare a gestirlo. I primi risultati sono arrivati dopo due o tre incontri, quindi all’incirca dopo un mese. Una delle cose a cui abbiamo allenato i nostri partecipanti è stata la gestione della paura. Quando esci dal tuo consueto schema infatti, lo riconosci da una serie di emozioni come paura e insicurezza. Sono indicatori che stai varcando una soglia che devi saper riconoscere e gestire, altrimenti rischi di tornare indietro. È come andare a vivere in un paese straniero: all’inizio non ti ci trovi perché le usanze sono diverse, ma imparando a conoscerle poi cominciano ad appartenere anche a te».

Dentro il nuovo

Una volta svuotato il serbatoio da pregiudizi e resistenze, lo spazio ricavato non può rimanere vuoto e va riempito. Da quel momento utilmente scatta la caccia all’innovazione. In questa fase i partecipanti del Lab hanno incontrato professionisti e docenti che li hanno contaminati con nuovi saperi e nuovi strumenti, in grado di ispirarli e contemporaneamente costruire una cultura condivisa. In cattedra – come si usa dire – si sono avvicendati in questa fase il ricercatore del Dipartimento di Ingegneria dell’Unimore, Matteo Vignoli, il docente di neuroscienze Giuseppe Pagnoni e lo scultore Graziano Pompili. Nuove suggestioni e conoscenze, metodi e teorie per conoscersi e per innovarsi.

La tempesta di idee

A quel punto è giunto il momento di guardare direttamente all’obiettivo: generare un’idea di business innovativa. La fase di brainstorming (lunga quasi tre mesi) non ha risparmiato difficoltà ai partecipanti. Ma era tutto calcolato, come spiega la psicoterapeuta Laura Torricelli: «Tendiamo tutti a ragionare in termini dicotomici, vero-falso, giusto-sbagliato. In questo modo il timore dell’errore è sempre dietro l’angolo. Ad un certo punto questa paura è diventata evidente nei partecipanti, ma proseguendo col Lab, grazie soprattutto ai processi di contaminazione e di brainstorming, hanno compreso che non c’è alcun male nel tentare e dare magari una risposta errata, perché questa stessa può comunque essere molto utile al gruppo per il raggiungimento di quella corretta: per arrivare al punto in cui scatta il guizzo geniale, l’idea veramente buona». Nella fase di produzione delle idee è vietato vietare. La paura di sbagliare è bandita perché ogni proposta è utile e funzionale al raggiungimento dell’obiettivo finale. La confusione può però essere in agguato e confondere la volontà dei partecipanti, come conferma Luca Ferri. «Una fase di confusione, o addirittura di scoramento, ad un certo punto del percorso è quasi inevitabile. Questo accade perchè il gruppo si trova ad affrontare uno sforzo a cui non vede seguire dei risultati tangibili e quindi immediatamente apprezzabili. In questa fase i partecipanti non sapevano esattamente cosa stavano facendo e avevano l’impressione di navigare a vista. In realtà toccavano una tappa fondamentale: quella in cui l’impegno è massimo e l’idea sta maturando». E quando l’idea ha cominciato a staccarsi dal firmamento dell’immaginazione per iniziare la sua discesa sul terreno irto e pericoloso della realtà, è cominciata una nuova fase: la prototipazione.

L’incontro con la materia

In questa fase il gruppo è stato preso per mano da un team che della prototipazione fast ha fatto il proprio lavoro: gli architetti Francesco Bombardi e Marcello Ligabue, e l’ingegner Luca Crotti. «Quando i partecipanti sono giunti alla fase di prototipazione non avevano ancora sciolto la fase di convergenza sull’idea da realizzare – ricorda Luca Crotti, esperto nella gestione di progetti industriali – Il mio compito è stato quello di far comprendere ai partecipanti che tutto o quasi era tecnicamente fattibile. In quel momento c’erano sul tavolo tre idee. Una era tecnologicamente molto avanzata, sicuramente valida, ma che oltre la fase di prototipazione avrebbe avuto bisogno di investimenti finanziari e forze industriali davvero imponenti. L’altra idea era per un prodotto che probabilmente sarebbe stato di nicchia, che aveva poco di tecnologico e la sua fattibilità o meno sarebbe stata da affidare più opportunamente a una ricerca di mercato. Pertanto dopo un confronto in cui sono stati discussi attentamente tutti i pro e i contro è stata scelta la terza idea: fattibile, più matura, tecnologica, con prospettive di ulteriore sviluppo, ma non proibitiva nei costi». Qual è questa idea? Non possiamo svelarlo. Non oggi che il Lab è finito ma per i viaggiatori è iniziata una fase delicata in cui valutare modalità, tempi e investimenti per la creazione di una startup. Il lettore ci perdonerà anche perché sa bene che quel che conta non è la meta. Ma come la si raggiuge.